LA STORIA DI GIUSEPPE COCOZZA: "UNA VITA DI TRISTEZZA E SACRIFICI, MA ANCHE TANTE GIOIE E SUCCESSI. COSÌ SONO DIVENTATO «PAPERONE»"

Potrebbe essere il tessuto di un romanzo di Charles Dickens o di Victor Hugo la vita di Giuseppe Cocozza, ciociaro del paese di San Biagio Saracinisco, arrampicato su uno sperone di roccia, ma è una storia vera. All'età di dieci anni, il piccolo "Peppenucce" girava per l'Italia del dopoguerra suonando la fisarmonica a fianco della madre che reggeva la gabbia in cui i pappagalli estraevano i "biglietti della fortuna". Era una vita grama, da mendicante sempre affamato, ridotto a dormire dove capitava. In Sardegna sotto le stelle, dentro i nuraghe, altrove in qualche portone o sotto un ponte. E il piccolo fisarmonicista ne aveva viste di peggio: paesani falciati con i mitra dai tedeschi, la distruzione dell'abbazia di Montecassino, la deportazione in Germania con la famiglia dove aveva sofferto la fame e i maltrattamenti. Eppure quel ragazzino non si era dato per vinto e, nonostante le difficoltà in un paesino i cui abitanti erano costretti a girare per il mondo da "zampognarì" per racimolare qualche soldo oltre ai magri proventi di una terra avara e di un'esigua pastorizia, aveva continuato a studiare quando e come poteva e a perfezionarsi nella musica.

Un giorno decise di raggiungere in Svezia certi parenti che vivevano discretamente fabbricando figurine di gesso che poi vendevano nelle fiere e nei mercati. Era un artigianato umile e logorante, ma Giuseppe vide, nel mondo del commercio la possibilità di sviluppare il proprio spirito di iniziativa e si dette subito da fare per organizzarsi come venditore di orsacchiotti e palle di segatura che faceva venire dall'Italia. S'innamorò di una sua compaesana, Anna, e i due i sposarono appena diciottenni.

"Follia!" esclamò qualcuno. Ma non aveva fatto i conti con la forza di volontà, 'intelligenza e l'energia dei due giovani. In breve, Giuseppe ed Anna misero in piedi una ditta fiorente che acquistava merce in ogni parte del mondo, rivendendola con ottimi guadagni. Ma Giuseppe Cocozza non si accontentava più di ciò che riusciva a raccogliere restandosene in Svezia e si mise a girare il mondo intero alla ricerca di quegli articoli che sapeva di poter vendere.

I suoi viaggi lo portarono - e lo portano ancora - nei paesi più lontani. Fu uno dei primi commercianti occidentali ad avventurarsi nella Cina in piena "rivoluzione culturale" (conserva ancora il libretto di Mao che gli regalò una giovane guardia rossa) e nella Corea del Nord, a quei tempi ancor più sigillata di adesso. La sua sfera di affari si allargò a macchia d'olio e la sua attività estese con l'apertura di diversi saloni di esposizione. Ormai lo conoscevano tutti e sapevano che potevano fidarsi di quell'italiano energico ed onesto. Cocozza era diventato ricchissimo, un vero "Paperone", ma non si dava delle arie e non dimenticava il tempo in cui aveva fatto la fame. Investiva il denaro nel mattone e continuava a lavorare dalla mattina alla sera come un qualsiasi suo dipendente.                                                                                                  Ma non si deve credere che i suoi interessi si arrestassero al puro commercio. Ovunque andasse, egli studiava storia, usi e costumi dei paesi in cui si trovava, andava a visitarne i monumenti, i musei, le gallerie d'arte, le antiche rovine e stringeva amicizie con rappresentanti della politica e della cultura. E non tralasciava di coltivare la sua grande passione che è la musica ed ogni occasione era buona per assistere a rappresentazioni operistiche.

Poteva essere La Scala a Milano, l'Arena a Verona, il "San Carlo" a Napoli, il Metropolitan a New York o il Covent Garden a Londra. Si commuove al ritmo nostalgico del "fado" in Portogallo ed inneggia alla sua regina, Amalia Rodrigues. Incontra personaggi famosi come Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Frank Sinatra e molti altri, ma si lascia incantare anche dai "grandi" scomparsi. Desinando sulle rive del Mincio, il suo pensiero ricorre a Virgilio e, in visita a Capri, non può fare a meno di ricordare l'opera umanitaria e letteraria di Axel Munthe. Percorre la Cina in lungo e in largo, dalla famosa muraglia al monastero di Potala nel Tibet, dalla città proibita alle tombe dei guerrieri di terracotta. E lo troviamo in Vietnam, in Mongolia, e ovunque sempre ansioso di apprendere, di conoscere. Tutte queste sue esperienze sono state ampiamente descritte, con un ricchissimo corredo di fotografie e di cartine geografiche, in un poderoso volume di oltre 800 pagine, una specie di "Il milione" dell'età nostra che questo novello Marco Polo ha scritto in prima persona, rendendo lo accessibile sia in svedese sia in italiano. Il suo patrimonio miliardario si è ampliato sempre più grazie ad un fiuto sensibilissimo e una vitalità incredibile in un uomo ultrasettantenne.    

Dicono che ormai sia padrone di mezza Lìnkopìng, la città dove abita. E i figli avuti dalla lunga unione con l'amatissima Anna, ancora al suo fianco, non gli sono da meno. Michael ha costruito tutta la nuova zona modernissima, quasi futuristica di Stoccolma "Hamrnarby Sjòstad" e anch'egli naviga nell'oro. La figlia Madeleine è laureata in psicologia ed è rettore agli studi dell'Università di Lìnkoping, mentre l'altra figlia, Helene, è prete e maestra cantora nonchè organista.

Riassumendo la sua vita, "Peppenucce" Cocozza dice, con la sua consueta modestia: "Mi felicito nel riandare col pensiero alla mia vita trascorsa, ricca di tristezza, di sacrifici, di gioie e di successi. Per essere nato nel paesetto montano di San Biagio, penso di essere riuscito abbastanza bene nella vita.
Ero destinato a diventare pastore, contadino, suonatore ambulante, oppure, il che è più credibile, un tuttofare come mio padre
. Però, come disse Wellington: nascere in una stalla non significa essere un cavallo."

 

Francesco Saverio Alonzo, La storia di Giuseppe Cocozza: "Una vita di tristezza e sacrifici, ma anche tante gioie e successi. Così sono diventato "Paperone", LA STAMPA mondo, 13 settembre 2012, Torino