(…) “Mamma, non hai dei brutti presentimenti? Non ti fa paura, andare in un posto che non conosci?”. Gli occhi della mamma si fecero pensosi ma dolci. “Paura? Un poco. Ma poco. Non voglio pensare, preferisco aspettare. Quel che ci sarà da fare lo farò”… “Ma come credi che sarà la vita, laggiù? Non credi che potrebbe anche essere meno bella di quel che ci aspettiamo?” “No, ” rispose la donna prontamente. “Non credo. Ma non bisogna pensarci. Vedremo quando saremo là.”(…)

FURORE, John Steinbeck, 1939

 di Maria Iacobone

INTRODUZIONE

Alla Grande Emigrazione italiana tra fine Ottocento e i primi anni del Novecento ho rivolto sempre il mio interesse, via via in modo più consapevole. Sempre curiosa dalla mia infanzia, anni ’50, quando assistevo con curiosità all’apertura dei “pacchi” che inviavano i parenti newyorchesi, quando giocavo con bambole americane, vere bambole, niente a che fare con le future Barbie.

I luoghi del mio “racconto” sono Alvito e New York. Le persone provengono da una grande famiglia patriarcale alvitana: genitori, figli, nuore e nipoti che vivono fin troppo modestamente con il loro lavoro di braccianti agricoli nell’Italia postunitaria.

Gli uomini prendono la via dell’Oceano già dal 1895/96, s’imbarcano a Napoli o a Genova con un biglietto di terza classe su bastimenti di varie nazionalità. Si stabiliscono a Philadelphia o a New York. Seguono le mogli e i figli dopo due o tre anni.

La mia attenzione si focalizza soprattutto sulle figure femminili. Giovanna, Concetta, Domenica, Maria Eugenia, Francesca: contadine analfabete, mogli di contadini, donne forti, premurose e risolute.

Di conseguenza un’intera famiglia patriarcale si sradica dalla terra d’origine e diventa il simbolo di tante altre famiglie alvitane e non, che scelgono la stessa sorte: qui una vita fatta di stenti, oltre oceano la speranza, una speranza che affronta mille difficoltà ma guarda lontano, all’avvenire di figli e nipoti.

Il filo tra le due sponde dell’Oceano non si è mai interrotto. Significativo è quello che si stabilisce dopo la Seconda Guerra Mondiale: un vero e proprio “Piano Marshall” viene approntato dai parenti americani verso i parenti alvitani che vivono momenti di difficoltà.

Nel 1958 alcuni membri della grande famiglia o i loro discendenti vengono a rivedere o a conoscere la terra d’origine, continuando, poi, a tenere vive le radici comuni con una assidua corrispondenza epistolare.

Sono orgogliosa che ora tocchi a me mantenere il legame con i parenti newyorkesi attraverso una costante corrispondenza con due sorelle, Rita ed Elissa, discendenti di quarta generazione, che progettano un viaggio nella terra dei loro avi.

OLTRE LA SPERANZA I parte

 

Dal 1892 al 1924 a Ellis Island, nel porto di New York, passa la più grande migrazione umana della storia moderna.

Rita ed Elissa sono due sorelle che vivono a New York e con loro mantengo una bella corrispondenza, sperando di rivederle al più presto, perché grande è il legame che le unisce alla terra dei loro avi.

Nelle ultime mail Rita mi scrive del suo desiderio di venire quanto prima con sua sorella ad Alvito. Questa nostra Valle le è rimasta nel cuore da quando, era una bambina, suo nonno, desideroso di rivedere i luoghi della sua infanzia, la portò con sé, era il 1958.

Elissa, da parte sua, si fa molto onore: ha fondato e dirige The Global Medical Relief Fund (GMRF), un Fondo per il soccorso medico globale che ridona il sorriso a tanti bambini che, nei paesi in stato di guerra o soggetti a calamità di varia natura, subiscono gravi menomazioni e hanno bisogno di adeguate strutture sanitarie.

Elissa è anche coautrice del libro “I'll Stand by You One Woman's Mission to Heal the Children of the World” (Ti starò vicino - La missione di una donna per guarire i bambini del mondo).

Le due sorelle sono discendenti di 4a generazione di Luigi e Giovanna, che nascono ad Alvito intorno alla metà del 1800 e si uniscono in matrimonio nel 1889. Luigi è contadino in una numerosa famiglia di contadini e tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento la vita è molto difficile, anche perché le bocche da sfamare sono tante.

Si moltiplicano, perciò, gli espatri di uomini, donne e bambini, di famiglie intere, verso il Nuovo Mondo o in altri paesi europei che offrono possibilità di lavoro. L’America diventa per molti il simbolo della nuova vita, l'occasione finalmente a portata di mano e Alvito non fa eccezione, anche perché gli agenti di viaggio insistono sulla prospettiva, talvolta ingannevole, di facili guadagni.

 

Archivio Comunale Alvito.

Anno 1896 – 1° trimestre.

Emigrano 11 maschi di età superiore ai 14 anni, contadini.

Destinazione: 5 Serbia, Romania, Grecia, Turchia; 6 Stati Uniti.

 

A New York sbarca nel mese di aprile 1896, dopo tutti i lunghi controlli previsti da leggi e regolamenti, uno di questi 11 maschi: Luigi Esposito, passeggero della terza classe del bastimento “Neustria” proveniente da Napoli.

Lascia in Italia sua moglie Giovanna e due bambini, Cesidio e Domenico, lascia i genitori, Domenico e Nunziata, e 4 fratelli che presto, uno dopo l’altro, lo seguiranno, tranne uno che passerà a miglior vita, lasciando moglie e figli destinati a raggiungere i parenti stabilitisi nel frattempo a Philadelphia - New Jersey.

Un’intera famiglia si sradicherà dalla sua terra d’origine povera di pane e metterà radici nel Nuovo Mondo, lasciando ad Alvito Domenico e Nunziata, pater et mater familias, che vedono partire, per non rivederli mai più, figli e nuore, nipoti maschi e nipoti bambine o appena spose, così la famiglia si assottiglia e si assottigliano anche le gioie e i dolori.

Domenico, pater familias, è figlio d’ignoti e sul registro del 1901, conservato nell’Archivio del Comune di Alvito, è detto “dello Stato”. E’ stato abbandonato alla nascita, ma avrà la soddisfazione di dare vita a ben 5 figli maschi che possono vantare la loro paternità e porteranno, come tanti altri, il cognome Esposito oltreoceano, un cognome che sarà soggetto a non pochi pregiudizi, ma contribuirà, con il durissimo lavoro di prima generazione, a far grande l’America.

Nicola seguirà presto il fratello Luigi e anche lui lascerà ad Alvito la sua seconda moglie Concetta e sua figlia NunziataGiovanna e Concetta sono due sorelle che sposano due fratelli.

Racconterò la storia di Nicola, quella di Giovanna e di Concetta rispettivamente prozio, bisnonna e prozia di Rita e di Elissa.

 

Il bastimento “Neustria” costruito da Claparede & Company - Rouen, Francia, 1883: 2.932 tonnellate lorde; lungo 328 piedi; largo 40 piedi. Velocità di servizio 10 nodi. 1.008 passeggeri, 8 di prima classe, 1.000 di terza classe.  Il passeggero di terza classe 0878, Luigi Esposito, ha 32 anni, è italiano. è partito da Napoli, sbarca a New York.

 

LA SORTE NON È BENEVOLA CON NICOLA

Nicola Esposito di Domenico, fratello di Luigi (n. 1864) - ma anche di Vittorio (n. 1851), di Angelo (n. 1857) e di Domenico (n. ?) - nasce ad Alvito nel 1854.

Prende in moglie Nicolina nel 1882 e insieme vivono nella numerosa famiglia in Via Ospedale. Due anni dopo saranno allietati dalla nascita di Nunziata e nel 1885 da quella di un bimbo, Errico, il quale rimane in vita appena un anno e sei mesi. Infatti, nel dicembre del 1887 muore, proprio mentre sua madre è in attesa di un altro bambino, anzi è quasi alla fine della sua gravidanza.

Nel gennaio successivo arriva puntualmente il nuovo parto che potrebbe alleviare le ferite ancora troppo recenti, ma è seguito, dopo appena quattro giorni, dalla morte del secondo figlio maschio, anche lui Errico. Che dire della disperazione! Tanti occhi non bastano per versare lacrime, le più amare. Nicola non è benvoluto dalla sorte che ancor di più si accanirà contro di lui quando anche Nicolina lo lascerà, a distanza di un mese o poco più dalla scomparsa del loro secondo Errico.

Intanto nel 1889 nella numerosa famiglia entra Giovanna, di 24 anni, andata sposa a Luigi e, sarà questo il tramite!, nel ‘90 Nicola sposerà in seconde nozze Concetta, sorella trentenne di Giovanna. Due sorelle sposano due fratelli.

Concetta partorirà il piccolo Pietro il 4 luglio 1892, ma, accanimento della sorte!, il 26 marzo 1893 il bambino si spegnerà, seguendo la stessa sorte dei due piccoli Errico che Nicola aveva avuto dalla prima moglie Nicolina.  Nel 1896, all’età di 42 anni, anche Nicola e suo fratello Angelo di 39 anni decidono di emigrare, non ce la fanno a mandare avanti la famiglia con il loro lavoro di braccianti agricoli, Angelo di figli ne ha tre, ed ormai sono martellanti le notizie su una terra al di là dell’oceano dove la vita è più “facile”, dove tutta la famiglia potrà vivere senza ristrettezze e privazioni, dove i figli avranno un futuro migliore.

Non conoscono le insidie che la propaganda nasconde, ma anche se fosse partirebbero ugualmente. A Genova s’imbarcano, provvisti di passaporto, sul bastimento Fulda tra i mille passeggeri della terza classe. Nella prima ce ne sono 125, nella seconda 130, dispensati tutti dall’obbligo di sostenere un qualsivoglia interrogatorio e dalle lunghe minuziose visite mediche, purché gli uomini abbiano soddisfatto gli obblighi di leva.

Il 18 agosto la nave raggiunge il porto di New York, non prima di aver stupito i viaggiatori con la vista della “Statua che illumina il mondo”, con la sua fiaccola ben visibile e con i versi della poetessa statunitense Emma Lazarus che, comunque non sarebbero in grado di leggere: 

Il Nuovo Colosso

Non come il gigante di bronzo di greca fama, 
che a cavalcioni da sponda a sponda stende i suoi arti conquistatori:
Qui, dove si infrangono le onde del nostro mare
Si ergerà una donna potente con la torcia in mano,
la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come
nome Madre degli Esuli. Il faro 
nella sua mano darà il benvenuto al mondo, i
suoi occhi miti scruteranno quel mare che giace fra due città.
Antiche terre, – ella dirà con labbra mute
– a voi la gran pompa! A me date
 i vostri stanchi, i vostri poveri, 
le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi,
i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. 
Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste, 
e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.
Emma Lazarus

 

 

Ma ci sono prima tutti gli accertamenti previsti dalla legge del 26 febbraio 1891 che permette l’ingresso negli Stati Uniti del Nord solo a chi è sano nel fisico e nella mente. La sosta ad Ellis Island serve proprio a questo e crea non poca ansia, soprattutto il timore di essere rimpatriati, ma …Nicola e Angelo non sono ciechi, non sono zoppi né sordomuti o deformi o mutilati, non hanno malattie “nauseanti” o contagiose e non hanno mai subito una condanna. Di poligamia, neanche a parlarne; tanta prole, quella sì, ed è una benedizione. Sono partiti da nullatenenti e tali si presentano nella terra della loro presunta redenzione, in due hanno qualche spicciolo, ma c’è Domenico, il primo fratello ad aver lasciato la terra nativa, che garantisce un primo sostentamento a Philadelphia, loro ultima meta. Qui sperano di preparare le basi per essere raggiunti dalle rispettive famiglie.

Ci vorranno più di due anni ad Angelo per mettere insieme il gruzzolo da inviare a sua moglie, Domenica, perché con i tre figli possa raggiungerlo, dopo aver venduto quel poco che ha, viaggiando in terza classe. Giovanni, che non ha ancora 5 anni, pagherà solo 1/4 della quota pro capite, Anna pagherà la metà, Agostino pagherà la quota intera avendo superato i 10 anni.

Nicola è più anziano e incontra qualche difficoltà, infatti Concetta lo raggiungerà solo nel 1902/3, e nel frattempo si sarà trasferito a New York in Mott St. dove c’è anche suo fratello Luigi. I due fratelli capiscono subito che non è facile essere italiani di prima generazione negli Stati Uniti del Nord: la lingua è il primo problema, anche tra connazionali si stenta a capirsi; inoltre nei confronti degli italiani ci sono molti pregiudizi, sono considerati ”brutta gente” e si rischia di cadere nelle mani di speculatori e truffatori. Chi riesce ad evitarlo accetta i lavori più duri, lavori di manovalanza, quelli rifiutati da chi è arrivato prima.

Il Comune di Alvito, nel 2° trimestre del 1899, rilascia 49 nulla osta per l’emigrazione. Sono stati richiesti da 41 uomini e 8 donne tra cui ci sono 11 minorenni (sotto i 14 anni); 29 uomini non hanno una specifica qualifica lavorativa, 1 è inscritto nella lista dei muratori/manovali/scalpellini, 2 nella lista degli artigiani/operai. Inoltre la destinazione è varia: 5 uomini partono per l’Austria, 4 uomini e 2 donne per la Francia, 7 uomini e una 1 donna per la Gran Bretagna, 25 uomini e 5 donne per gli Stati Uniti del Nord. In tutto sono in 35 a imbarcarsi a Napoli compresaDomenica pronta ad affrontare il viaggio in mare con i tre figli per raggiungere il marito Angelo.

 

Domenica stringe a sé i suoi figli durante la traversata. La nave si chiama The Ems e sul registro di bordo madre e figli se ne stanno vicini tra mille passeggeri sconosciuti, così come durante il giorno, se viene loro permesso, sul ponte del bastimento, e per il resto del tempo sotto coperta dove gli spazi sono molto ridotti, l’igiene è trascurata, l’aria quasi irrespirabile, il pericolo di ammalarsi costante. Durante la distribuzione del cibo a Domenica e ai suoi figli, come agli altri emigranti, non rimane che sedere per le scale, col piatto e il pane sulle gambe, senza poter rispettare le più elementari norme igieniche; solo ai primi del ‘900 una legge costringerà i transatlantici ad aver sale da pranzo per gli emigranti.

L’oceano poi, per chi non ha mai visto il mare, è motivo di ansia, specialmente se si incappa in una tempesta. Agostino lo immagino curioso mentre si guarda intorno, si allontana dalla madre, osserva l’oceano, si pone domande alle quali non sa rispondere… lui ha tredici anni, è quasi un uomo e presto le sue braccia serviranno da sostegno alla famiglia che cerca nuove radici.

Finalmente il 7 giugno 1899 il viaggio giunge a termine e la grande Statua è lì ad accoglierli, tanti volti stupiti e smarriti, segnati dalla speranza. Ora, però, c’è la sosta ad Ellis Island e Domenica, in quanto donna, è soggetta a leggi molto severe: deve dimostrare che ad aspettare lei e i figli c’è il marito/padre, solo così lo Stato può avere la garanzia che qualcuno provvederà al loro sostentamento.

 

Munita di libretto rosso, perché analfabeta, è sottoposta alle consuete domande incalzanti: come si chiama?, da dove viene?, perché viene negli Stati Uniti?, quanti anni ha?, quanti soldi ha?, chi ha pagato la sua traversata?, ha degli amici in America?, parenti?, qualcuno può garantire per lei?, che mestiere fa? Tutti e quattro sono sottoposti a meticolose visite mediche, quindi “Welcome to America”, si sbarca a New York cercando di tenere stretti quei fagotti che sono tutto il loro avere. Ce l’hanno fatta perché Domenica è forte e sveglia, tutte le donne di questa famiglia sono forti, “illetterate” ma forti. Una donna e tre bambini, il volto rassicurante di Angelo che li aspetta, il viaggio per l’ultima destinazione, Philadelphia, mentre si tenta di estirpare radici ancora troppo robuste e dolenti. Saranno estirpate le radici, ma lentamente, secondo dopo secondo, tra speranza e nostalgia, amarezze e … tanto, indietro non si torna. Nonostante il coraggio, la forza della speranza e la consolazione di vedere la famiglia riunita, l’adattamento al nuovo ambiente è particolarmente difficile per una donna sposata. Domenica trova abitudini diverse e, forse, come tante connazionali mette radici nel quartiere italiano senza abbandonare il costume tradizionale e il fazzoletto che le copre la testa, imparando a balbettare una lingua nuova che sa di dialetto. Forse deve contribuire al mantenimento della famiglia per arrotondare il salario del marito non sempre sufficiente, ma per le donne sposate le possibilità si limitano al lavoro a domicilio o a quello di tenere a pensione i connazionali.

Nello stesso anno partono anche Giovanna e i suoi figli per raggiungere Luigi che si è stabilito a New York.

 

Maria Iacobone

GIOVANNA E I SUOI DUE FIGLIO RAGGIUNGONO IL MARITO/PADRE (seconda parte)

 

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