di Joseph Pagnani

Leandro Colella nato in una numerosa famiglia, umile ma generosa, nel centro storico del Paese, rivelò un gran senso di creatività, d’ingegno, e di grande disponibilità con tutti.

Erano gli inizi degli anni ‘20, quando Leandro, poco più che quattordicenne con il suo fagotto di povere cose, lasciò il suo borgo natale per avviarsi verso gli orizzonti nuovi e sconosciuti che la Francia gli prometteva, con tanti rimpianti e ricordi.

A quell’epoca, molti giovani casalvierani espatriavono, con mille speranze in testa e con tanta volontà di cambiare la loro futuro, perché in Italia mancavano le premesse di un avvenire migliore per quelle generazioni.

Fu accolto nella famiglia di suo fratello Emile. Giovanissimo aveva lavorato in una falegnameria di Casalvieri e naturalmente diventò ebanista in diverse ditte della regione parigina. Sebbene fosse poco più che un ragazzo, si adattava, lavorava, soffriva e sognava. Non ignorava che il suo avvenire dipendeva dai suoi sforzi e dalla sua tenacia... Un giorno mi raccontò: ”Il mio primo datore di lavoro mi disse - Riuscire nella vita... non é solo il risultato di un’idea, é anche il risultato di tanti sacrifici, messi tutti insieme”. Questo concetto era il suo marchio di vita professionale..

Il suo successo fu rapido, a diciassette anni aveva già comperato un terreno a Casalvieri, dove avrebbe costruito la casa che avrebbe occupato negli ultimi anni della sua vita. Non ancora trentenne Leandro tornò a Casalvieri per sposare “Angelina”, la ragazza che gli aveva fatto battere il cuore adolescente, che non aveva dimenticato da quando era partito.

Un giorno mi confidò: ”Quando rividi Angelina, sentii il mio cuor battere forte forte... Erano tanti anni che non tornavo più in Italia. In Francia ero troppo indaffarato a vivere la mia giovinezza professionale, e avevo dimenticato il giardino dei miei sogni. Mi mancava l’atmosfera del mio paese natio e dei miei compagni. Durante quel soggiorno, in terra natale, ritrovai le mie radici, i miei compagni e lo sguardo fulminante della mia anima gemella.” Si sposarono e la loro primogenita Yva nacque nel 1935.

La primogenita Yva da giovane

Di ritorno in Francia con la sua piccola famiglia decise di mettersi in proprio. Si associò con un suo amico, Vauvert, e creò una fabbrica di mobili per interni (camere da letto, sale da pranzo ecc.) a Boulevard de Charonne, in cui trovarono impiego 80 dipendenti.

Poco prima dello scoppio della guerra nasce il primo figlio, Mario. Come era nei determinati costumi di quei nostri migranti, Mario è avviato agli studi, perché era lo studio il primo strumento di riscatto sociale. Dagli studi commerciali Mario diventerà affermato manager aziendale

Leandro supererà indenne gli anni della guerra, la sua vivacità d’azione, la versatilità e la sua serietà gli consentirono di evitare quei problemi che molti emigranti italiani in Francia dovettero affrontare. I francesi si sentivano traditi dagli italiani a causa della loro aggressione che nel giugno del 1940 si era accodata all’invasione tedesca. L’atteggiamento anti italiano era generalizzato, ma era più pesante con quegli italiani che perseveravano nell’essere fascisti in un paese che li aveva accolti. Per alcuni di loro si procedette all’internamento in una sorta di campi di prigionia, anche se in genere fu una prigionia di breve durata..

Nel lavoro rileva tutta l’azienda di ebanisteria. Lo stile e la qualità dei suoi mobili diventarono un marchio “d’eccellenza” sul mercato francese e la sua fabbrica conobbe momenti di grande espansione industriale.

A pranzo con amici

Quasi tutti i suoi dipendenti erano italiani e molti di loro casalvierani. Il suo nome comincia ad essere conosciuto presso l’ampia comunità italiana. Era generoso, disponibile, esigente e preciso nel lavoro, e l’aver raggiunto il successo gli procurava una bella popolarità.

Leandro era un appassionato di boxe. Da giovane si allenava quasi quotidianamente nella palestra “Le gant d’or de Paris” nel centro di Parigi XII . Questa palestra ancora oggi è attiva e sforna brillantemente campioni di Francia. Lì alla fine degli anni 30, aveva svolto qualche incontro da dilettante, ma senza mai volerne fare una professione. Saggiamente non aveva insistito. Ma tra i quaranta e i cinquanta proseguiva la sua attività sportiva facendo l’allenatore di pugilato.

La sua “specializzazione”, come concessione all’amor di patria…, era quella di allenare soprattutto tanti giovani pugili italiani, che tentavano la loro prima “esperienza” nella boxe. Era forse un altro modo, per alcuni giovani emigrati, di cercar fortuna in terra straniera, cercando possibilmente di sfondare nel mondo del pugilato. Fra i suoi “poulains” (allievi) Franco FESTUCCI conobbe una bella carriera, diventando Campione d’Italia dei pesi medi e incontrando per il Campionato d’Europa Charlie Humez.

Foto di famiglia in occasione della Prima comunione del figlio Mario

Alla fine degli anni sessanta, Leandro Colella chiude definitivamente la sua attività alberghiera che aveva nel frattempo intrapreso a Paray Vielle Poste e apre un negozio di mobili a VILLEJUIF, nei pressi della statale N. 7. Villejuif era sulla banlieue sud, alle porte di Parigi. Era affollata di immigrati casalvierani e ciociari, arrivati negli anni ‘50 e ‘60. Molto “in vogue” allora era il “Bar du Sport” situato nel centro della città, dove i giovani italiani solevano incontrarsi il week-end.

Era solo un autodidatta Leandro, la sua cultura era stata acquisita “sur le tas”. Ma era di una vivacità d’azione e di pensiero notevole. Frenetico, curioso, sempre nella mischia, s’infilava, conosceva, diceva sempre la sua. Anche grazie alla sua notorietà professionale e sportiva, era entrato in relazione e in amicizia con innumerevoli uomini politici e d’affari francesi. Quando tra gli anni ’70 e ’80, Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano si recò in Francia per incontrare George Marchais, segretario del PCF, Leandro fu il responsabile del Comitato che ospitò e assistette Berlinguer.

Possedeva un approccio e un carisma personale”speciale” che gli consentiva di entrare in tutti gli uffici, di aprire tutte le porte per ottenere appoggi e sostegni. Per lungo tempo fu il punto di riferimento di tantissimi emigrati di Casalvieri e della Valcomino. E quasi sempre si muoveva per aiutare chi stava in difficoltà, chi gli chiedeva un favore vitale, il disbrigo di una pratica, un posto di lavoro. Abbastanza note furono le sue entrature presso l’aeroporto di Orly, dove con i più diversi ruoli e compiti riuscì ad agevolare l’assunzione di tanti concittadini.

Leandro Colella (a dx) come testimone al matrimonio di Joseph Pagnani

Conservò sempre quello spirito paterno ed umile che ne fecero una specie di “patriarca” nella comunità, e fino a tarda età continuò la sua “missione” di aiutare i conterranei. Anche se non sempre si conserva la memoria collettiva di queste cose. Gli ultimi anni della sua vita, insieme a sua moglie, furono quelli passati nel suo paese natale. Il suo desiderio era quello di tornare e morire nella sua Patria e nel suo villaggio. La sua storia é quasi una leggenda, e queste note vogliono contribuire al suo ricordo negli annali della nostra storia di emigranti.       

La sua salma si trova nella cappella familiare dei Roselli.

                                                      Leandro Colella con la sorella Angelina

 Si ringrazia per la collaborazione Cecilia Sacco e Annamaria Pescosolido

 

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