“Ricordate sempre che tutti noi discendiamo da immigrati”, queste parole di Franklin Delano Roosevelt spingono a riflettere sulla sorte di moltissimi nostri conterranei. Una di queste sorti ha inizio a Vicalvi.. 

Percorrendo la statale in direzione Sora, se al centro dell’abitato dell’odierna Vicalvi volgete lo sguardo a destra, noterete una imponente costruzione dal color rosa pallido, inserita con una qualche armonia nel contesto urbano del paese, anche se rivela linee e dimensioni non consuete.

Non è necessario essere architetti per dedurre che le influenze della costruzione sono nordamericane. Perché americana è stata la sorte di chi quella casa ha costruito ed che ora abita. Si tratta di Antonia (Annetta) Angeloni.                                             

Siamo negli ultimi degli anni trenta. Antonia è la terza dei dieci figli di Emilio e Domenica Angeloni. Sino a poche decine di anni fa la famiglia italiana era numerosa ed aveva un preciso ritmo di autoriproduzione: i figli più grandi dovevano inserirsi abbastanza subito nel ciclo produttivo per contribuire al mantenimento della famiglia stessa. I tempi erano duri, si usciva dalla immane tragedia della seconda guerra mondiale. La stragrande maggioranza delle famiglie viveva condizioni disagiate di povertà e privazioni. Condizioni di vita difficili da comprendere per le nuove generazioni che fortunatamente non sanno cosa sia vivere senza acqua corrente, in ambienti non sempre comodi, con scarpe ed abiti spesso logori dall’uso ultra prolungato, con uno stomaco che spesso reclamava, con un libro, se si andava a scuola, letto al lume di una misera lampada, magari vicino ad un focherello stentato ….e sempre con tante faccende da svolgere…quasi sempre nei campi.

Questo toccava anche ad Antonia come alla stragrande maggioranza dei ragazzi e dei giovani dei nostri luoghi. Cosicché appena diciottenne Antonia, solo con una terza elementare, fu messa su una nave e mandata in un mondo lontanissimo. Un mondo di cui tutti parlavano, che tutti sognavano perché rappresentava, a come dicevano, la fine dei sacrifici: in primo luogo abiti nuovi e pasti abbondanti …e poi il sogno della “fortuna”: l’Americaaaa….. Il papà Emilio era già stato negli Stati Uniti, ne era ritornato dopo poco tempo, perché la patria lo aveva richiamato per spedirlo sulle Alpi a difenderla nel 1915. Il destino per Annetta è un piccolo locale adibito a bar che lo zio gestiva nella periferia di Detroit (Michigan). In questo piccolo bar inizia la sorte americana di Annetta. Una strada che la porterà al benessere, ma lastricata da tante sofferenze e sacrifici. Comincia da subito a lavorare come cameriera nel bar, poi diventa operaia in una della tante fabbriche dell’indotto automobilistico di cui Detroit è capitale.

Ad Annetta è affidata la speranza di miglioramento delle condizioni di vita del resto della famiglia, quindi lei deve da subito risparmiare tutto quanto può per mandare a casa risorse economiche che aiutino il resto dei fratelli a vivere meglio. Non prendeva nemmeno l’autobus per recarsi al lavoro, andava a piedi per risparmiare anche i pochi spiccioli del biglietto. Lavoro, lavoro e sempre lavoro, senza pause, incessante. Anche a causa di questo ritmo, al termine di una lunghissima giornata, subisce un serio incidente di lavoro…..

Solo a metà degli anni cinquanta, dopo sei o sette anni di lavoro continuo quindi, ritornerà in patria per una vacanza.

 

E in questa prima vacanza conosce e frequenta, con i beneplaciti familiari…, Armando Rossi, un aitante e promettente giovanotto di Villalatina. Tornata in America, dopo un esame che le concede la cittadinanza statunitense, potrà richiamare Armando e sposarlo.

Antonia ed Armando con il loro figliolo Claudio

Antonia riprende il suo lavoro di operaia mentre Armando trova impiego come manovale/muratore presso una ditta edile di alcuni compaesani di Casalvierani. Armando aveva studiato da geometra ed aveva una qualche esperienza di cantieri, ma iniziò nuovamente dalla gavetta, con umiltà e determinazione. Era solito raccontare che essendo uno dei pochi bianchi a lavorare in quella ditta subiva atti di bullismo da parte della maggioranza nera dei suoi colleghi di lavoro... La coppia lavorava e risparmiava, risparmiava e lavorava. Quando i risparmi divennero consistenti comprarono la loro prima automobile: una Buick della General Motors, una di quei barconi larghi e comodi….il loro status prendeva la rincorsa….. Con i risparmi successivi la coppia cominciò a progettare di costruire una casa tutta per sé. Individuarono ed acquistarono un sito per la costruzione della casa. Perspicace, Antonia decise di procedere all’acquisto anche di altri siti confinanti. “Non si sa mai…” diceva. Mai previsione fu più azzeccata. Comunque Antonia ed Armando procedono alla costruzione della casa. Appena l’edificio fu costruito qualcuno di loro propose di provare a venderlo, il tempo di pensarlo e la casa fu venduta rapidamente e con un buon guadagno. La coppia ci riprova, costruisce un’altra casa ed anche questa venduta rapidamente. Beh per la coppia si apre la carriera di costruttori immobiliaristi. Armando aveva la competenza sulle costruzioni, ma gli affari erano riservati ad Annetta, al suo fiuto ed alla sua scaltrezza.... Nel frattempo Annetta riesce a pensare alla famiglia, prima richiama il padre ed insieme richiamano quasi tutto il resto della famiglia. E’ una piccola saga di paese questa degli Angeloni: sette femmine e tre fratelli su cui pensiamo proporre prossimamente una nota. Comunque i loro nomi sono, in ordine di età, Clementina, Annunziata (residente in Canada), Antonia (Annetta), Rosina, Donato, Antonio, Elena, Flora (residente negli Stati Uniti), Palmino, Teresa (residente in Canada), la foto li vede tutti riuniti qualche anno fa a Sora. Una longevità impressionante: da Clementina 90 enne, l’unica scomparsa l’anno scorso, a Teresa ora settantenne. Di loro ben sette avranno la loro esperienza in nord America.

Con un ritmo sempre più incessante Annetta ed Armando comprano terreni, costruiscono edifici, e vendono. E man mano che il tempo e gli affari passavano e crescevano Annetta cominciava ad interessarsi e ad entrare nel merito anche della fase progettuale. Con insospettata perizia dice la sua sulle estetiche dei palazzi, sulle pertinenze, mentre rimaneva sempre assoluta la sua competenza nei rapporti istituzionali e burocratici, nell’acquisizione delle aree, nelle incombenze specifiche dell’edificabilità, e sempre con maggiore astuzia si orientava nelle ragnatele politiche dei piani di sviluppo residenziale del comprensorio di Detroit. Proprio questo è straordinario dell’avventura di Annetta: nel suo curriculum di ufficiale c’è solo una terza elementare degli anni trenta/quaranta !!!!

Avevano costituito una società, la “Rossi & Son”, con questa in un crescendo forsennato ogni anno costruiscono interi quartieri, centinaia e centinaia di case. Di giorno nei cantieri, nelle feste comandate negli uffici vendita, senza pausa. Le Associazioni di categoria attribuiscono premi e riconoscimenti all’attività professionale della coppia.

Un turbinio di architetti, progettisti, tecnici e aziende costruttrici alle loro dipendenze…. La coppia era molto unita: ad Armando sempre la costruzione, ad Annetta gli affari e tutto il resto…e come se gli impegni non le bastassero, cominciò a interessarsi anche degli “arredamenti”. Molte case, infatti, erano vendute complete di arredamento, e per gli arredi Antonia frequenta le migliori aziende, le più grosse fiere, sino a diventare di casa nei laboratori di Murano…

Tutto questo fino al 1995, quando Armando scompare, e la società è rilevata da Claudio, il loro unico figlio. Per qualche tempo ancora Antonia assisterà il figlio ma poi decide di rientrare definitivamente a Vicalvi pur senza rinunciare del tutto agli affari negli Stati Uniti dove ancor oggi periodicamente si reca. Claudio, questa volta con tanto di laurea in Ingegneria, prosegue con successo l’attività dei genitori con una nuova società, “Mirage development”.

Antonia invece, dopo una gioventù difficile ed austera, dopo anni di enormi sacrifici, gode del meritato riposo nella sua immensa casa “americana” di Vicalvi, non negandosi qualche puntatina nel mondo dell’arte o qualche escursione nel mondo degli affari, sempre con il suo buongusto e la sua competenza.