Nell’anno della neve (1956), diciassettenne, fece domanda di arruolamento nella Marina Militare dove avrebbe voluto frequentare il corso sommozzatori, con specializzazione nei gruppi “guastatori”. Fu ammesso alla scuola di Taranto.

Durante l’esame psicotecnico a La Spezia per verificarne le attitudini prevalenti, gli fu chiesto di disegnare un albero. Nessuno di noi lo ha mai visto, ma quel disegno indusse i suoi superiori a deciderne diversa assegnazione: Gino, fu infatti assegnato al settore dell’elettronica di bordo, allora ai primordi della sua applicazione in ambito militare. Quell’albero aveva segnato il suo avvenire.

Gino Fazio, giovane recluta a Taranto

Due anni di studio e di applicazione in questa nuova branca della scienza fisica lo appassionarono al punto da permettergli un’ottima preparazione. Certamente maturava una certa inquietudine per la vita militare, ma anche in virtu’ di questi risultati il papà Vincenzo, che si trovava in America, gli consigliò di congedarsi e di raggiungerlo, poiché le prospettive di perfezionamento negli studi e di inserimento lavorativo nel campo dell’elettronica negli Stati Uniti erano promettenti.

Con genitori e nonni il giorno della laurea, 1968

La via dell'America nella famiglia Fazio era già stata presa nei primi anni del '900 dal nonno paterno di Gino, Felice, e dal nonno materno Salvatore.

Sul sito di Ellis Islands, scorrendo l'elenco degli sbarcati nei primi decenni del '900, anche se spesso registrati in modo poco chiaro per via delle trascrizioni in lingua, è veramente impressionante il numero dei Fazio provenienti da Alvito

Il consiglio paterno fu seguito e, congedatosi, Gino continuò il perfezionamento a Boston frequentando anche corsi universitari specialistici (Northeastern University) che lo segnalarono alla GPS, una delle prime fabbriche di computer analogici a valvole. Sembrava avere l’elettronica nel sangue!

Computer analogico, 1962

Tra le sue esperienze lavorative in terra d’America vi fu anche la NASA, nelle cui basi lavorò per qualche tempo “guardato a vista”, essendo molto rigide le misure di sicurezza in quegli ambienti militari specialmente nei confronti di non americani con green card, la cittadinanza sarebbe stata acquisita infatti più tardi.

Al lavoro con il computer analogico, 1962

Ancora giovanissimo divenne, nel corso di sette anni, particolarmente esperto nel campo della robotica, alle sue primissime applicazioni scientifiche.

Con la sua compagna Paola

Ma l’America riservò a Gino anche un’altra opportunità: conoscere la ragazza bresciana che sarebbe diventata la compagna della sua vita, Paola Bar. Da qualche anno Paola si trovava a Boston come baby-sitter per accudire il figlio di suo fratello che seguiva lì corsi di specializzazione in stomatologia.

La coppia, dopo la nascita di due splendide bambine, Licia e Flavia, decise di rientrare in Italia: aveva gli strumenti e la volontà per avere successo anche qui. E poi l’America è bella, ma Gino il “virus” dell’irrequietezza l’aveva sempre avuto, e sei sette anni di America erano stati sufficienti. Rientrato dunque in Italia, fu assunto dalla SERAI, un’azienda elettronica primaria di Padova, dove nel frattempo era nato il figlio Mauro.

Dopo cinque anni decise di proporre la sua esperienza nel suo paese, Alvito. Iniziò con un laboratorio di elettronica e con la produzione dei primi TV a colori. Aprì inoltre la prima cartolibreria di Alvito.

A seguito di una razzia che gli saccheggiò totalmente il laboratorio trovò lavoro presso la FIAT di Piedimonte San Germano, dove sulle catene di produzione si installavano i primi robot. Il settore di impegno era certamente interessante e stimolante, ma le condizioni del rapporto di lavoro non erano né gratificanti né remunerative, per cui Gino, ancora giovane nel corpo e soprattutto nella smania di apprendere, decise negli anni ’80 di tornare ancora in America. Aveva saputo che lì si stava sviluppando l’applicazione della tecnologia laser alla robotica, e lui aveva bisogno di allargare la sua competenza professionale. Rimase a Boston un altro anno, al termine del quale ci fu il ritorno definitivo in Alvito.

Lo sviluppo dell’informatica cominciava ad avere linee ben definite, e Gino, sempre all’avanguardia, nel 1988 costruì, sullo stradone di Alvito, il manufatto dove sarebbe nata la sua creatura, la DI.E.C.I. Dispositivi Elettronici Civili Industriali, la prima azienda del genere nel territorio. Tuttora operativa e portata avanti dal figlio Mauro con le sue sorelle.

Il primo stabile della futura DI.E.C.I. nella piana di Alvito

Ma Gino fu anche cittadino che si impegnò nel socio culturale della sua comunità alvitana partecipando alla costituzione o alle attività del Circolo Filatelico, del Club degli Emigranti, della Confraternita di San Rocco di Alvito.

Tutto ciò è stato anche il risultato di un modo di vivere l’emigrazione: come opportunità, come possibilità di acquisire competenze, come condizione per allargare i propri orizzonti, come possibilità di contribuire alla sviluppo del paese d’origine…. Fedeli a se stessi, alle proprie origini, ma sempre aperti al nuovo e al futuro, un ruolo interpretato al meglio da Gino.

Nel 2014 Gino è scomparso ma il suo impegno civile e professionale continueranno ad essere d’esempio.

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