E’ incredibilmente rapido il tempo in cui si metabolizzano e si digeriscono fatti, eventi e storie, così da considerarli velocemente appartenenti al passato. Proprio per recuperare e fissare meglio nella memoria lo svolgimento del Premio LeColuche 2019 abbiamo fatto passare delle settimane.

L’entusiasmo di Barbara è il nostro, i saluti e i ringraziamenti del Sindaco, anche, aggiungo solo, come piccola nota, un abbraccio ed un grande grazie a tutti coloro che hanno dedicato a questo evento tempo, energie e passione, ad essi uniamo Rachele BrancatisanodelFESTIVAL DELLE STORIE. 

Giuseppe Cocozza detto Peppino è un imprenditore e scrittore italiano. Emigrato in Svezia nel 1956 dal suo piccolo paese San Biagio Saracinisco in Ciociaria, con tanti sforzi e tenacia, Peppino è riuscito a farsi un nome tra gli imprenditori italiani più importanti. Il suo lavoro lo costringe da molti decenni a lunghi viaggi, soprattutto in Oriente ed in Cina in particolare. È forse per questo che Peppino ha voluto pubblicare le sue memorie di viaggio prima in lingua svedese ed ora in italiano.

Parlaci, in breve, dei primi anni in Svezia. La differenza tra San Biagio Saracinisco e la Svezia deve essere stata notevole...

Certamente la differenza è stata enorme però grazie all’aiuto di mia moglie Anna, anch’essa emigrata da San Biagio Saracinisco 10 anni prima di me, ho avuto la possibilità di adattarmi velocemente a questa nuova società. Dal primo momento che misi piede su questa benedetta terra, sentii subito che qui volevo vivere e qui volevo morire. Da allora ho sempre cercato di conoscere ed adattarmi alla sua storia e alle sue usanze ma soprattutto di imparare la sua lingua. Per tale ragione non mi sono mai sentito immigrato e tanto meno estraneo alle vicende di questo Paese.

Poi sei riuscito pian piano ad affermarti come imprenditore dando lustro non solo alla Svezia ma anche all’Italia a motivo dei tuoi successi commerciali.

Quasi subito incominciai a vendere giocattoli per le fiere di tutta la Svezia. Dal momento che a quei tempi la produzione degli stessi era prevalentemente italiana, mi venne l’idea d’iniziare l’importazione dall’Italia. Con il tempo, ma anche grazie a tanti sacrifici il giro degli affari s’ingrandì così come l’assortimento (oggi di 5.000 articoli). Pertanto m’incamminai verso l’Oriente: prima in Giappone poi Corea del sud,Taiwan ed infine la Cina che visitai per la prima volta nel lontano 1966.

Tu hai viaggiato molto. Il tuo libro, magnificamente illustrato, oltre a presentare una lunga autobiografia ci racconta anche di paesi favolosi come il Tibet, la Mongolia e soprattutto la Cina.

Indubbiamente ho girato molto, non solo per affari ma anche per piacere personale in quanto amo visitare nuovi paesi per conoscere le loro culture ed usanze. Viaggi che hanno arricchito la mia vita dandole un senso nuovo. Già da ragazzo avevo letto “Il Milione”in cui Marco Polo raccontava del suo favoloso viaggio in Cina della durata di ben 17 anni. Ne rimasi davvero molto affascinato. Molti tra i luoghi da lui descritti e che ancora esistono, li ho voluti visitare e non nego la mia perplessità nel constatare che nei suoi racconti non gli sono sfuggiti neanche i minimi dettagli. Le città mercato, la costruzione dei ponti, i palazzi meravigliosi e misteriosi, le diverse religioni e culture, la via della seta, insomma la Cina è un vero continente. La sua civiltà è enormemente più antica della nostra, e, cosa non trascurabile, la Cina è stato un impero commerciale già da millenni.

Sei una persona ancora molto attiva, tuttavia gli anni passano per tutti. Quali sono, alla luce della tua esperienza, i consigli che ti senti di dare ad un giovane o ad una giovane italiana che intenda trasferirsi in Svezia oggi?

Il consiglio che vorrei dare a tutti i giovani è di non arrendersi mai. Nella vita bisogna combattere e mai arrendersi. Il lavoro, la creatività, l’ostinazione e un chicco di fortuna possono essere gli ingredienti per una vita piena di successi e soddisfazioni.

Tu intendi spedire gratuitamente la versione italiana o svedese del tuo libro a quei lettori che ne facciano richiesta. Ma quali sono le cose che nella vita ti hanno reso felice e quali quelle che, potendo, avresti voluto evitare?

Innanzitutto la mia famiglia che il Signore ha arricchito con 3 figli, sette nipoti e due pronipoti, poi il successo che anche i miei figli stanno ottenendo ed infine l’azienda che mi ha dato la possibilità di girare il mondo. Non c’è niente che avrei voluto evitare anche se piccole contrarietà e sconfitte non sono mancate, tuttavia anch’esse fanno parte della vita quotidiana. Da una sconfitta possono nascere nuove idee e nuove iniziati

 

Intervista a cura di Guido Zeccola su IL LAVORATORE, n.1/2013  Editore: FAIS (Federazione delle Associazioni Italiane in Svezia)

 

LA STORIA DI GIUSEPPE COCOZZA: "UNA VITA DI TRISTEZZA E SACRIFICI, MA ANCHE TANTE GIOIE E SUCCESSI. COSÌ SONO DIVENTATO «PAPERONE»"

Potrebbe essere il tessuto di un romanzo di Charles Dickens o di Victor Hugo la vita di Giuseppe Cocozza, ciociaro del paese di San Biagio Saracinisco, arrampicato su uno sperone di roccia, ma è una storia vera. All'età di dieci anni, il piccolo "Peppenucce" girava per l'Italia del dopoguerra suonando la fisarmonica a fianco della madre che reggeva la gabbia in cui i pappagalli estraevano i "biglietti della fortuna". Era una vita grama, da mendicante sempre affamato, ridotto a dormire dove capitava. In Sardegna sotto le stelle, dentro i nuraghe, altrove in qualche portone o sotto un ponte. E il piccolo fisarmonicista ne aveva viste di peggio: paesani falciati con i mitra dai tedeschi, la distruzione dell'abbazia di Montecassino, la deportazione in Germania con la famiglia dove aveva sofferto la fame e i maltrattamenti. Eppure quel ragazzino non si era dato per vinto e, nonostante le difficoltà in un paesino i cui abitanti erano costretti a girare per il mondo da "zampognarì" per racimolare qualche soldo oltre ai magri proventi di una terra avara e di un'esigua pastorizia, aveva continuato a studiare quando e come poteva e a perfezionarsi nella musica.

Un giorno decise di raggiungere in Svezia certi parenti che vivevano discretamente fabbricando figurine di gesso che poi vendevano nelle fiere e nei mercati. Era un artigianato umile e logorante, ma Giuseppe vide, nel mondo del commercio la possibilità di sviluppare il proprio spirito di iniziativa e si dette subito da fare per organizzarsi come venditore di orsacchiotti e palle di segatura che faceva venire dall'Italia. S'innamorò di una sua compaesana, Anna, e i due i sposarono appena diciottenni.

"Follia!" esclamò qualcuno. Ma non aveva fatto i conti con la forza di volontà, 'intelligenza e l'energia dei due giovani. In breve, Giuseppe ed Anna misero in piedi una ditta fiorente che acquistava merce in ogni parte del mondo, rivendendola con ottimi guadagni. Ma Giuseppe Cocozza non si accontentava più di ciò che riusciva a raccogliere restandosene in Svezia e si mise a girare il mondo intero alla ricerca di quegli articoli che sapeva di poter vendere.

I suoi viaggi lo portarono - e lo portano ancora - nei paesi più lontani. Fu uno dei primi commercianti occidentali ad avventurarsi nella Cina in piena "rivoluzione culturale" (conserva ancora il libretto di Mao che gli regalò una giovane guardia rossa) e nella Corea del Nord, a quei tempi ancor più sigillata di adesso. La sua sfera di affari si allargò a macchia d'olio e la sua attività estese con l'apertura di diversi saloni di esposizione. Ormai lo conoscevano tutti e sapevano che potevano fidarsi di quell'italiano energico ed onesto. Cocozza era diventato ricchissimo, un vero "Paperone", ma non si dava delle arie e non dimenticava il tempo in cui aveva fatto la fame. Investiva il denaro nel mattone e continuava a lavorare dalla mattina alla sera come un qualsiasi suo dipendente.                                                                                                  Ma non si deve credere che i suoi interessi si arrestassero al puro commercio. Ovunque andasse, egli studiava storia, usi e costumi dei paesi in cui si trovava, andava a visitarne i monumenti, i musei, le gallerie d'arte, le antiche rovine e stringeva amicizie con rappresentanti della politica e della cultura. E non tralasciava di coltivare la sua grande passione che è la musica ed ogni occasione era buona per assistere a rappresentazioni operistiche.

Poteva essere La Scala a Milano, l'Arena a Verona, il "San Carlo" a Napoli, il Metropolitan a New York o il Covent Garden a Londra. Si commuove al ritmo nostalgico del "fado" in Portogallo ed inneggia alla sua regina, Amalia Rodrigues. Incontra personaggi famosi come Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Frank Sinatra e molti altri, ma si lascia incantare anche dai "grandi" scomparsi. Desinando sulle rive del Mincio, il suo pensiero ricorre a Virgilio e, in visita a Capri, non può fare a meno di ricordare l'opera umanitaria e letteraria di Axel Munthe. Percorre la Cina in lungo e in largo, dalla famosa muraglia al monastero di Potala nel Tibet, dalla città proibita alle tombe dei guerrieri di terracotta. E lo troviamo in Vietnam, in Mongolia, e ovunque sempre ansioso di apprendere, di conoscere. Tutte queste sue esperienze sono state ampiamente descritte, con un ricchissimo corredo di fotografie e di cartine geografiche, in un poderoso volume di oltre 800 pagine, una specie di "Il milione" dell'età nostra che questo novello Marco Polo ha scritto in prima persona, rendendo lo accessibile sia in svedese sia in italiano. Il suo patrimonio miliardario si è ampliato sempre più grazie ad un fiuto sensibilissimo e una vitalità incredibile in un uomo ultrasettantenne.    

Dicono che ormai sia padrone di mezza Lìnkopìng, la città dove abita. E i figli avuti dalla lunga unione con l'amatissima Anna, ancora al suo fianco, non gli sono da meno. Michael ha costruito tutta la nuova zona modernissima, quasi futuristica di Stoccolma "Hamrnarby Sjòstad" e anch'egli naviga nell'oro. La figlia Madeleine è laureata in psicologia ed è rettore agli studi dell'Università di Lìnkoping, mentre l'altra figlia, Helene, è prete e maestra cantora nonchè organista.

Riassumendo la sua vita, "Peppenucce" Cocozza dice, con la sua consueta modestia: "Mi felicito nel riandare col pensiero alla mia vita trascorsa, ricca di tristezza, di sacrifici, di gioie e di successi. Per essere nato nel paesetto montano di San Biagio, penso di essere riuscito abbastanza bene nella vita.
Ero destinato a diventare pastore, contadino, suonatore ambulante, oppure, il che è più credibile, un tuttofare come mio padre
. Però, come disse Wellington: nascere in una stalla non significa essere un cavallo."

 

Francesco Saverio Alonzo, La storia di Giuseppe Cocozza: "Una vita di tristezza e sacrifici, ma anche tante gioie e successi. Così sono diventato "Paperone", LA STAMPA mondo, 13 settembre 2012, Torino

 

La questione dell’identità in Dominic Marsella da Belfast  

RASSEGNA STAMPA

PREMIO LECOLUCHE 2017

 

 
     

 

Programma della prima manifestazione del Premio LeColuche.