Di consueto le conversazioni che raccogliamo con i testimoni di queste nostre piccole storie, tendono ad essere abbastanza reticenti o sbrigative, come è giusto che sia, riguardo alle situazioni difficili connesse alla condizione di migranti: per una specie di rigetto psicologico, per un rifiuto a riviverle.

Franka, invece, parla ampiamente, forse per esorcizzarlo, del problema dell’identità culturale. E’ una costante, risaputa ma anche taciuta o cancellata, che in Francia, ad esempio, si sia sempre italiani ed in Italia sempre francesi, che negli Usa si sia sempre italiani o latinos e in Italia sempre americani, e così via. Uno sfocamento di collocazione culturale di grande conto sul piano psicologico e quindi relazionale con lo stesso cognome che sta sempre lì a tormentarti, anche dopo diverse generazioni. Solo una rimozione totale, nel conscio e nell’inconscio, della propria storia generazionale e genetica può limitare le confusioni del problema, delle sovrapposizioni di identità. Ma non sempre è così: troppo spesso una piccola invisibile radice può risvegliare l’intero apparato radicale.

È ciò che è accaduto a Franka Marrocco, che pur essendo nata in Germania da papà italiano e mamma tedesca, appartenendo dunque alla seconda generazione, ha attraversato le difficoltà connesse a questa ambiguità di appartenenza identitaria, come il suo stesso nome, italiano ma con la kappa, simbolicamente riassume.  

Franka oggi rivendica con fierezza la sua adesione alla cultura italiana e difatti, non appena le condizioni glielo hanno concesso, ha deciso di tornare a vivere nella casa da cui partì il padre Agostino Marrocco, nel lontano 1951. Si intuisce che una parte notevole di questo atteggiamento sia dettato dall’affetto e dalla venerazione che nutre per la memoria del padre scomparso nel 1995. Con energia Franka dice “E’ morto come lui voleva: a casa sua, nella sua terra, dopo più di quarant’anni di Germania”.

Agostino infatti, della Canala (antico nucleo abitativo di Casalvieri tra le contrade di Iacovelli e Serravoglia) partì a ventotto anni per la Germania; la sua prima tappa fu Norimberga e, dopo le prime esperienze di lavoro, giunse a Rothenburg ob der Tauber, dove aprì una gelateria. Rothenburg è una deliziosa cittadina nelle vicinanze di Norimberga, famosa per i tetti rossi, per un favoloso centro storico d’origine, medievale risparmiato da un terribile bombardamento nel 1945 e per far parte del circuito della Romantische Strasse.  

Rothenburg ob der Tauber

Agostino Marrocco ebbe fiuto nell’insediarsi, nei primi anni Cinquanta, in quella cittadina ancora semi-distrutta dalla guerra ma che, nel breve volgere di qualche anno, sarebbe diventata uno dei più noti gioielli turistici tedeschi. Agostino fu il primo italiano a recarvisi e, dopo la parentesi di un tentativo di investimenti in una cittadina al confine cecoslovacco, vi ritornò definitivamente. La sua vecchia gelateria è ancora lì, ora trasformata in un ristorante gestito dagli altri fratelli di Franka.

Il Locale di famiglia

Enormi - come racconta Franka con emozione - furono i sacrifici fisici e morali di Agostino che, nonostante fosse stimato ed apprezzato nella comunità di Rothenburg per la sua correttezza, onestà e gentilezza, dovette tollerare, come tanti, certe tipiche vessazioni anti-italiane. Agostino, infatti, aveva conosciuto ed iniziato a frequentare una bionda ragazza tedesca, Gisela Hanger. Il rapporto d’amore fu osteggiato pesantemente dal padre della ragazza che, ex militante nazista, non poteva tollerare l’intrusione nella sua famiglia ariana di un italiano; ma gli ostacoli di stampo razzista, non fermarono i due ragazzi che si sposarono ed ebbero tre figli: Franka, Katja e Marco Domenico.

I genitori: Agostino e Gisela

E tuttavia, nonostante il nonno fosse ostile verso Agostino, la nonna materna Helene. ebbe un atteggiamento molto meno “teutonico” verso il genero, custodendo Franka in modo amorevole nei primi anni di vita mentre  Gisela ed Agostino erano occupati nella gelateria.

La nonna tedesca con Mercedes la figlia di Franka

È questo il motivo che porterà Franka a non conoscere una sola parola di italiano fino a sette anni, anche perché papà Agostino si ostinava a parlare con i figli in tedesco, ritenendo l’italiano poco favorevole ad una buona integrazione.  

Venne però il giorno in cui, dopo un lungo letargo, le radici italiane tornarono ad emergere. Nel 1971, infatti, Agostino decise di far trascorrere ai figli le vacanze estive a Casalvieri, presso la casa della madre Francesca Fanelli  alla Canala.

La Canala 

Sette settimane di dialetto, sette settimane di spaghetti con il sugo per ogni anno di “vacanza” per sette anni di vacanza” racconta simpaticamente Franka. Un periodo che ricorda, con grande emozione, come uno dei più belli della sua vita, trascorso nelle interminabili ore del rosario pomeridiano, lavandosi con l’acqua della vicina fontana o nell’ammirare, incredula, asini e pecore attraversare i viottoli polverosi delle colline casalvierane. A Rothenburg, invece, alternando l’impegno in gelateria, Franka effettuò diversi percorsi professionali e di studio conseguendo specializzazioni in puericultura, podologia ed estetica. Competenze che le consentono ora di gestire, con successo, un centro estetico all’avanguardia tecnologica ad Atina Inferiore.

Sono più di vent’anni che Franka ora vive a Casalvieri e, nonostante lei dichiari robustamente la sua appartenenza alla “cultura italiana”, la sua dinamicità, la sua determinazione e talune note del suo modo di essere rivelano chiaramente, a mio avviso, i tratti di una fanciullezza trascorsa in Germania. Tratti che, innestati sulla sua prioritaria appartenenza culturale, per via della successiva adolescenza vissuta a Casalvieri, hanno prodotto una personalità non tanto italiana o tedesca ma realmente “europea”, proprio secondo le intuizioni di chi, sognando ed avviando l’Europa, vagheggiava un “uomo nuovo”, forse contrastante con le intenzioni di chi successivamente l’Europa la gestì e la piegò. 

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