Luigi nasce a Grotte dell’acqua, da Teresina e Pompilio , poco prima della guerra, nel 1937. Sesto figlio di una famiglia molto numerosa con due fratelli e sei sorelle.
Le condizioni di vita della famiglia sono pesanti: scarpe approssimative, pantaloni troppo corti con bretella a bandoliera, vestiti di lunga durata, a dormire più con la fame che con l’appetito. Erano contadini con poca terra, molta buona volontà, ma con le tantissime difficoltà che la guerra aumenterà a dismisura e con la terribile disgrazia che lascerà i ragazzi orfani di padre, e Teresina vedova. Una testimone, richiesta di ricordi di Teresina e Luigi, ricorda “Teresina seguita come chioccia dai suoi pulcini che si recava a togliere sterpaglie, per poterlo coltivare, in un appezzamento nei pressi di Cappone – Tirlo” . Un’immagine idilliaca, ma che traduce con efficacia quella condizione difficile, verghiana.
Per tentare di inquadrare la famiglia di Teresina, e di Luigi, diciamo che era nonna di Franco il falegname di Togna, nonna di Pompilio di Grotte dell’Acqua, sorella di Emilio Carlesimo di Pittiglio ( “Emilione”) il gigantesco papà di Onorio Carlesimo, l’attivo protagonista della comunità ciociara e casalvierana a sud di Parigi.
Fisicamente Luigi era imponente come tutta la famiglia, non conveniva troppo discutere con lui. Parte nel 1955, dopo aver venduto l’unica mucca che la famiglia possedeva ed aver contratto altri debiti per acquistare il biglietto.
Ha un bagaglio essenziale: una sacca con dei semplici ricambi e dei viveri, formaggio, pane, lardo ed un bottiglione di vino. Questo è ciò che racconta Maritza , destando una specie di emozione per questa convergenza di semplicità, di miseria e di voglia di riscatto. Maritza , la seconda dei quattro figli di Luigi, insieme a Marco, Beti e Luigi junior, è una giovane e brillante avvocatessa che insieme ai fratelli gestisce, tra le difficoltà che si attraversano in Venezuela, alcune attività intraprese dal padre.
Luigi viaggia nella stiva di terza classe sulla nave Irpinia.
Una troppo recente verniciatura delle pareti interne del locale dove dormiva gli causa forte malessere. Non si trovano foto che documentino questi locali dove i nostri compatrioti viaggiavano, ma, come testimoniano i racconti di chi li ha conosciuti direttamente, erano locali con pochissima luce, con amache sospese per dormire, senza arredi, con pochissimi bagni per centinaia di persone, con effetti personali alla deriva o maniacalmente custoditi: per via di viaggiatori aggressivi che insieme al mare agitato potevano trasformare quei locali in gironi danteschi….
Nonostante l’appetito che la stazza fisica gli imponeva, resiste alla tentazione di toccare il fagotto di viveri che portava. Ma mentre scende dalla nave a La Guaira, inciampa e rompe il bottiglione religiosamente custodito sino allora. Non ci sono testimoni delle probabili imprecazioni…. Si separa dagli compagni di viaggio Onorio Vitti (papà di Aurelio Vitti e zio di Domenico D’Angela) e Gino Rea (papà di Roberto dei Valloni) e si ritrova solo . Era la prima volta che Luigi, con solo diciotto anni addosso, usciva da Casalvieri verso una grande città. Solo, in luoghi sconosciuti, senza conoscere la lingua, senza punti di riferimento. Una condizione che invece di abbatterlo accrescono in lui determinazione ed energie. Per i primi giorni vive da barbone – aveva degli amici da Casalvieri, ma non sapeva dove e come raggiungerli. Ne trova uno che gli offre qualche lavoretto occasionale e che lo fa dormire in un sottoscala di un palazzo in costruzione . Poi conosce o ritrova Giuseppe Iannucci (Papa’ di Norma e Paolo Iannucci) che gli offre di condividere con lui qualche lavoro più impegnativo. Veramente abbastanza più impegnativo, almeno fisicamente : bisognava scavare a mano un pozzo di sette metri di profondita’…. Adesso dorme in una baracchetta di lamiera. Vita grama, ma sempre rabbia e determinazione. Cominciava a risparmiare dei bolivar che cambiati in dollari e sottratti solo di quanto gli occorreva per sopravvivere, spediva alla famiglia affidandoli a qualche paesano che rientrava. Cominciava a ripagare il debito per il viaggio e a dare respiro alla madre ed ai fratelli.
Conosce un altro paesano, di Arpino, che gli affida un altro lavoro, sempre da manovale, un lavoro faticoso. Purtroppo il paesano, con varie giustificazioni, dopo un mese non gli versa il salario pattuito. All’ennesima inutile richiesta, Luigi, dopo un breve inseguimento con una “palanca alzata”, “persuade” il paesano a pagarlo.
Conosce Francesco Pozzuoli, fratello di Guido, siamo agli sgoccioli del 1955 ed agli inizi del 56, in quella fase Guido Pozzuoli è impegnato nelle possenti costruzioni del quartiere Turumu. Luigi va a Turumu, e senza risparmiarsi inizia a lavorare con Guido.
Sempre smanioso e curioso osservava, provava, imparava. “I mestieri si rubano con gli occhi” diceva, confermando una delle migliori virtù del nostro popolo: la capacità di adattarsi e di imparare. Lui che non aveva “né arte né parte” ha solo sete di imparare. A Casalvieri negli anni 50 c’era qualche decina di automobili, Luigi non sapeva quindi guidare alcun mezzo meccanico. Ma la frenesia lo porta ad imparare presto a condurre i più diversi mezzi di lavoro: scavatori, giganteschi, betoniere, pale meccaniche, gru ecc…
Il rispetto e l’ammirazione dei compagni e di Guido Puzzuoli , se li guadagna in un’operazione di sbancamento nella quale già c’era stato un morto. Un lavoro rischiosissimo, ma che al cantiere avrebbe procurato un notevole risparmio di tempo. Lui, tra il gradasso e il temerario, si fa avanti e sotto lo sguardo preoccupato di tutto il cantiere riesce a spostare dei massi che rischiavano di seppellirlo. Da allora Luigi non si fermava di fronte a nessuna difficoltà. I lavori più pericolosi li faceva lui, si faceva sempre avanti quando i suoi compagni rimanevano prudenti. Ma l’altra faccia dei lavori più pericolosi era la paga migliore, e Luigi era sempre assillato dal fare, dal guadagnare e dal riscattarsi. Adesso le rimesse alla madre cominciano ad essere costanti e più cospicue.
L’azienda di Guido Pozzuoli subisce il collasso. Luigi ha fatto in tempo a diventare bravo e ad esserne cosciente. Fino alla fine cerca di rimanere fedele a Guido, e quando l’attività cessa definitivamente lui sa muoversi da solo. Contatta una ditta che conoscendolo come ottimo conduttore di caterpillar gli affida un grosso lavoro per il quale dovrà essere lui a procurarsi le macchine. Detto, fatto: compera a poco prezzo una vecchia macchina. Si mette con entusiasmo e vigore al lavoro. Riesce a terminarlo prima dei tempi fissati e i proprietari sono soddisfatti. E meno male, perché qualche settimana dopo la macchina si rompe irreparabilmente…..
Ha però messo da parte sufficiente denaro per procurarsi una vera macchina.
Lavora di giorno e di notte, non conosce riposo, respira fumi e mangia polvere, affronta e risolve le situazioni più difficili. Sa trattare gli appalti e risparmia: si concede poco, perché vuole tornare in Italia. E’ quasi ossessionato dalla miseria dalla quale è uscito. E sente come una febbre la necessità di dimostrare che è riuscito a diventare qualcuno. La macchine aumentano, prende altri compaesani a lavorare con lui, e gli appalti aumentano ed ingrandiscono. Si concede sempre poco, ma comincia a portare avanti diversi cantieri. L’unica cosa nella quale in cui esagera è la velocità: lo chiamavano “el veloz”.Con auto o con moto quando passava lui sembrava, raccontano, che passasse Nuvolari, il mitico corridore automobilistico degli anni trenta.
I figli