Antonio Rossi era di Viticuso, sui monti di Cassino, ma essendo la figliola Adriana, moglie di Stellino e mamma di Jessica e Sara, casalvierana d’adozione, la sua storia ci interessa.

  Una storia legata al Venezuela che ha vicende simili a quelle di Indiana Jones. La guerra è passata da poco il giovane Antonio vive le situazioni di tutti i nostri piccoli centri: poco lavoro, condizioni di vita difficili, ma tanta fiducia nel futuro.

Nel 1950 sposa Irma. Prima che la moglie dia alla luce la figliola, preso da insofferenza e dalla determinazione di assicurare alla famiglia condizioni di vita dignitose decide di partire per il Venezuela. Le sue informazioni sono approssimative, ha sentito dire che lì c’è lavoro e che è pagato bene. Per Antonio basta. Non ha punti di riferimento precisi, non ha amici del paese su cui appoggiarsi, del resto non ha neanche una precisa qualifica professionale. Solo coraggio e voglia difare. E parte. Con la nave. Possiamo solo immaginare lo stato d’anino di Antonio durante i lunghi giorni della traversata: lascia la giovane moglie, non assisterà alla nascita della figlia, non sa di preciso cosa troverà, non sa di preciso cosa farà, non parla lo spagnolo (che per quanto possa essere abbastanza simile all’italiano è sempre una lingua straniera)….ma tutto ciò non fa altro che caricarlo come una molla nelle braccia e nella fantasia.

Stranamente e diversamente da tantissimi altri emigrati italiani e paesani non si ferma a Caracas, ma procede per lo stato Bolivar. Lo stato Bolivar è in posizione preamazzonica, a centinaia di kilometri dalla moderna Caracas, con strutture di collegamento e residenziali niente affatto comode. La città dove si ferma è Upata, che ora è una moderna città di 150.000 abitanti, ma sessanta anni fa era un’altra storia.

Antonio si guarda intorno e decide che farà il panettiere. Questo si mette a fare. Non saranno molti italiani a fare un mestiere che sarà invece tipico degli emigrati portoghesi. Antonio per qualche anno lavora “sottopadrone” e poi si mette in proprio. Le cose cominciano ad andare per il verso giusto. Dopo quattro anni richiama la famiglia: sia la moglie con figlioletta (che non aveva ancora conosciuto) sia i fratelli più piccoli. Ancora per un po’ rimane nella panetteria. Il tempo di insegnare il mestiere ai fratelli.

Poi decide di lasciare il forno ed intraprende una strana attività. Iniziava lo sviluppo urbanistico della città e della zona. Si costruivano tanti edifici. C’era dunque bisogno di mattoni di terra cotta. Antonio aveva attrezzato due rudimentali macchine con cui compattava e cuoceva la creta producendo mattoni. Le rudimentali macchine erano movibili: Antonio le agganciava ad una camionetta e si recava lì dove era in costruzione una casa e fabbricava sul posto i mattoni necessari. Assolutamente geniale. Per qualche anno svolge questa attività.

Nel frattempo ha scoperto che gli indios cernendo i letti dei fiumi cercano e trovano oro e pietre preziose (compresi i diamanti). Poteva Antonio lasciarsi sfuggire questa occasione? Naturalmente no. Si avventura ancor più all’interno e diventa cercatore d’oro e di diamanti. Dopo peripezie e condizioni poco favorevoli, anche se lucrose, riflette e pensa che sia più comodo comprare e vendere anziché cercare direttamente i preziosi. Deve pertanto andare ancor più all’interno contattando e trattando con gli indios nonché con i temerari cercatori d’oro. Diventa così un esperto di metalli e pietre preziose da essere chiamato come consulente presso l’Università di Ciudad Bolivar.

Prima sporadicamente, poi sempre più frequentemente, porta con sé la figlia nei suoi viaggi e nelle sue trattative: vorrebbe che lei proseguisse la sua attività. Nel frattempo le procura splendide pietre e pepite d’oro incastonate. Ha anche la ventura di comprare uno dei più grossi diamanti trovati negli anni settanta nella regione di ben 58 carati e pagato 85.000 bolivares pari a trentamila euro di oggi.

 Fatto che fu riportato dalla stampa del tempo. I raggi del commercio di Antonio si allargarono. Commerciava con tutto il mondo: dagli Stati Uniti all’Europa. Nel 1975 dopo un viaggio d’affari in Canada la famiglia si trasferisce a Toronto dove si ricongiunge a numerosi amici e parenti. Ma la vita di Toronto sembrava troppo sedentaria ad Antonio, nel 1979 decide infatti di tornare a Ciudad Bolivar, dove riprende il frenetico viaggiare per affari.

Purtroppo un grave incidente stradale lo blocca per un lungo periodo, al termine del quale la famiglia decide di rientrare in Italia, nella natia Viticuso.

 

Qui Antonio sul finire degli anni ’80, in un amniotico ritorno alle origini, installa un’area faunistica con allevamento di animali selvatici: lepri, cinghiali, fagiani ecc.

Nei primi anni del nuovo secolo Antonio, uomo coraggioso ed intraprendente, scompare.

 

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna