Non tutti tornano. Alcuni vanno e si perdono, forse dimenticano oppure non sanno.

È la nostra storia di Carolina Carlesimo e indirettamente del padre Onorio Carlesimo che verso il 1860 lasciò Casalvieri per avvicinarsi a Roma o meglio Velletri dove visse e morì.

Una manciata di anni, troppo pochi per lasciare una traccia rilevante, le notizie sono scarse e vaghe, probabilmente solo chiacchiere. Per qualcuno Onorio lavorava come messo dello Stato pontificio per altri era un brigante, forse solo un modesto bracciante con banali storie di liti, soprusi e gelosie alle spalle. Un’ombra oscura aleggia sulla sua fine, si racconta che morì ammazzato in circostanze purtroppo a noi sconosciute.

Carolina nacque nel 1867 a Velletri, aveva circa sei anni quando sua madre, Marianna Schiavi di Gallinaro, ormai vedova, da donna di servizio divenne amante e compagna di Temistocle, uno dei rampolli della famiglia Romani presso cui lavorava.

Relazione malvista dalla famiglia tanto che Temistocle, con i soldi della sua quota di eredità, nel 1877 decise di trasferirsi a Parigi attratto dal magico richiamo della Ville Lumière, centro del mondo e della modernità di allora. Non sono chiari i motivi che indussero Carolina a cambiare il proprio nome sostituendo il cognome del padre con quello del patrigno. Se fu una scelta consapevole o meno resterà un mistero ma è con questa nuova identità che sarebbe stata conosciuta e apprezzata a Parigi e oltre.

La vita è una somma di coincidenze e per la giovane Carolina Carlesimo, ormai divenuta Juana Romani, possiamo affermare con una certa sicurezza che furono i contatti che la madre intratteneva con i compaesani emigrati dalla Valle di Comino a Parigi ad avvicinarla al mondo dell’arte. Se non hai già un mestiere tra le mani, se non sai fare nulla di particolare puoi comunque posare per gli artisti che richiedono tale prestazione.

Académie Vitti

È la storia dei tanti modelli ciociari a Parigi, delle Accademie d’arte private sorte come alternativa all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts bloccata nei suoi rigidi regolamenti nazionalisti che scoraggiavano gli studenti stranieri con la difficile prova di lingua francese per non parlare del divieto di accesso alle donne.

Académie Colarossi

È la storia della crescita sociale, culturale ed economica di molti nostri emigrati che da semplici modelli, intuendo le possibilità intrinseche di questo settore, seppero imprendere aprendo scuole d’arte come fecero Filippo Colarossi di Picinisco (Académie Colarossi dal ≈1870 al ≈1930), le sorelle Maria, Anna e Giacinta Caira di Gallinaro con Cesare Vitti di Casalvieri (Académie Vitti, 1889-1914) e Carmela Colarossi (Académie Carmen, 1898-1901 in società con James Wistler).

Alexandre Falguière, Diana Cacciatrice, 1882

Juana aveva appena quindici anni quando posò per lo scultore Alexandre Falguière che ne registrò i dolci tratti adolescenziali già decisamente volitivi nella statua di Diana cacciatrice. C’è tanta forza e spavalderia in questo ritratto che si comprende chiaramente come quel mestiere le sarebbe andato presto stretto. Come tutti i lavori, quello del modello non è un mestiere facile, le sedute di posa sono lunghe ed estenuanti e sopratutto per chi è parte passiva del processo creativo, il tempo si dilata sembrando infinito.

Non fu così per Juana il cui interesse verso l’arte la vedeva sempre attenta e partecipe di quanto le accadeva intorno, pronta a cogliere tutti i segreti di quel mestiere che tanto l’affascinava.

Posò per artisti famosi tra cui Jean-Jacques Henner e Ferdinand Roybet che sono peraltro ricordati come suoi maestri. Ma fu anche merito del Filippo Colarossi di Picinisco se appena diciannovenne smise il ruolo subalterno di modella. Sembra che il Colarossi avesse notato la sua predisposizione all’arte e l’avesse sollecitata a dedicarsi al disegno e alla pittura accogliendola nella propria scuola.

Juana Romani in foto (anonimo) e in un dipinto di Ferdinand Roybet

La vera e propria carriera professionale prese avvio nel 1888 quando espose per la prima volta nel Salon organizzato dalla Société des artistes français. Aveva solo 21 anni ed era stata accolta a braccia aperte dall’elite degli artisti accademici. Da allora esporrá senza interruzione fino al 1904.

La sua pittura è stilisticamente vicina alla tradizione accademica classico-romantica del primo Ottocento, anche se non possiamo negare la presenza di un certo slancio modernista. Era lo stile di quegli artisti che ricevevano ampi consensi nelle esposizioni ufficiali del Salon con opere che non tradivano le aspettative del pubblico e dei collezionisti, ma non per questo sono oggi da considerare meno valide rispetto alle tendenze più moderne dell’epoca che ormai stava indirizzando l’arte in tutt’altra direzione.

Juana fece presto parlare di sè. Apprezzata e ricercata come ritrattista, veniva paragonata nel giudizio ai più noti pittori italiani operanti a Parigi come Antonio Mancini e Giovanni Boldini. La sua specialità era il ritratto femminile con ambientazione storica o allegorica.

Il bellissimo e intrigante dipinto A dark haired beauty, per la cui figura femminile posò Anna Caira, ci restituisce la misura della straordinaria competenza tecnica raggiunta da Juana nella pittura.

Juana Romani, A dark haired beauty (1898)

La resa illusionistica e luminosa dell’incarnato, la forte presenza plastica e soprattutto lo sguardo magnetico, profondo e inquietante, che l’artista seppe mirabilmente descrivere in quegli occhi che sembrano ammiccare chi li guarda, ne costituiscono la prova tangibile.

Una vita interamente dedicata all’arte. Vissuta con i guadagni che da essa le provenivano e che le permisero di vivere agiatamente tanto che, in occasione di un suo viaggio a Velletri nel 1901, donò alla Scuola d’arte ben 5.000 Lire. Un capitale per quei tempi, un atto di grande generosità e forse anche un gesto di riscatto nei confronti della famiglia del patrigno. La Scuola d’arte le fu presto intitolata con tanto di Regio decreto il 22 settembre 1905.

 

Mentre appare evidente il legame che univa Juana alla sua città natale, non è altrettanto possibile dimostrare la sua consapevolezza circa le origini valcominesi dei genitori. Se ci furono in lei dei sentimenti nei confronti dei paesi di provenienza dei suoi oppure qualche ricordo o proprio il nulla, sarà difficile scoprirlo.

Certo è che, negli intrecci esistenziali della sua vita, la Valle di Comino con i suoi ingegnosi migranti, disperati saltimbanchi, modelli e artisti, le è stata sempre in qualche modo vicina.

Amata e apprezzata dal pubblico del Salon, la sua vita sembrava una fiaba ben riuscita, di quelle che si raccontano fantasticando sui fatti e sugli incontri importanti che pure ci furono. Nel viaggio del 1901 a Velletri fu accompagnata da una corte di personaggi tra cui il suo maestro e amico Roybet e uno dei fratelli Lumiére. Quest’ultimo, a sua volta, donò alla città un apparecchio cinematografico.

Ma anche le belle fiabe ogni tanto s’interrompono e la sua s’infranse con l’insorgere improvviso e progressivo di una malattia mentale che dal 1903 non l’avrebbe più abbandonata.

Forse Juana Romani non fu solamente un nome d’arte.

Carolina Carlesimo e Juana Romani sono state qualcosa di più profondo e lacerante, un dissidio interiore, una perdita non sanata e forse il primo sintomo di un sottile malessere, oscuro segnale di quel disagio che l’avrebbe portata a concludere i suoi anni in una casa di cura per malati di mente.

Dichiarata alienata nel 1909, morì sola e dimenticata da tutti presso la casa di cura di Château de Suresnes il 13 giugno 1923.

 

 

A centocinquanta anni dalla nascita di Juana Romani e per la prima volta in Italia, l'Accademia di Belle Arti di Roma e il Comune di Velletri, presentano la mostra Juana Romani (1867-1923). “La petite Italienne”: da modella a pittrice nella Parigi fin-de-siècle, curata da Marco Nocca, Gabriele Romani e Alessandra De Angelis, presso il refettorio del Convento del Carmine di Velletri. La mostra, inaugurata il 22 dicembre 2017, si chiuderà il 28 gennaio 2018.

 

Commenti   

+1 #2 olga 2018-02-02 15:32
ottimo....... :oops: :roll: ;-) :oops: :o :-?
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+1 #1 Sandra Cinzia Carles 2018-01-15 19:13
Coincidenza, anche la mia bisnonna paterna, si chiamava Carolina Carlesimo!
Ammirevole il rifiuto dell'artista di assumere la cittadinanza francese, nonostante per lei potesse risultare vantaggioso, anche se, proprio nella sua patria natia, non fosse apprezzata,
molto dignitosamente lei volle conservare la sua cittadinanza italiana affermando: "Italiana sono ed italiana resto".
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