Suscita tenerezza questa coppia di Broccostella. Enrico è sempre vivace, fresco negli interessi e nei progetti di un giovanotto di 92 anni, con qualche amnesia che si affaccia qua e là, subito corretta da Rosina, la sua compagna della vita, che lo osserva amorevole e protettiva, pronta ad integrare e correggere il suo racconto.

Con la sua cavalla

Il racconto dell’esperienza migratoria di questa coppia inizia da una curiosità su cui è opportuno sapere altro. Il papà di Enrico negli anni trenta e quaranta era un agricoltore, ma svolgeva anche un’altra attività, quella di “maestro campagnolo”, ossia, spiega Enrico, dedicava del tempo a fare una specie di doposcuola o di recupero per i bambini che a scuola risultavano “testoni”, chissà se era un’attività istituzionalizzata o volontaria e collettiva con cui la comunità, cosciente dell’importanza dell’istruzione, cercava di rimediare all’inconveniente delle difficoltà scolastiche…

Dunque, passata la guerra, come per la stragrande maggioranza della popolazione, anche per Enrico l’emigrazione è la soluzione per le difficoltà economiche, per la mancanza di lavoro, per il diritto a una vita dignitosa. Ma le procedure ufficiali, limitate e burocratizzate, sono insufficienti a contenere a regolare il fiume di coloro che decidono di emigrare. Abbiamo già riscontrato come per alcuni paesi le regole d’ingresso fossero rigide e severe, Stati Uniti, Canada Venezuela, mentre per altri gli ingressi erano più facili, Brasile, Argentina, Perù Dunque quando c’erano difficoltà a procurarsi visti e permessi per i primi ci si rivolgeva ai secondi, verso i quali peraltro c’erano state e c’erano robuste correnti migratorie… 

La prassi era di costituire dei gruppi, di amici e conoscenti, che si avventuravano verso l’estero. Spesso erano gruppi intercomunali, tra Casalvierani, Fontechiaresi, Vicalvesi e Broccostellani che decidevano di partire insieme, per sostenersi, per aiutarsi a vicenda, in una forma di autodifesa. Tra di essi solo coloro che avevano fatto la guerra avevano delle esperienze di “viaggio”, e nessuno certamente conosceva le lingue straniere. Il loro mondo era la nostra terra, con i suoi costumi e le sue abitudini. Possiamo solo lontanamente immaginare quale poteva essere il trauma di abbandonarla, con la ferma certezza o speranza di tornare appena ci fosse stato un bagaglio di conoscenze e un capitale più o meno consistente con cui comprare un pezzo di terra, con cui costruire una casa degna di questo nome, e se andava bene mettere su un’attività artigianale.

Dunque nel 1950 Enrico parte con un gruppo di paesani verso il Brasile. Aveva solo ventidue anni e se la sapeva cavare con la falegnameria e con la carpenteria edile. E’ fortunato nel trovare subito da lavorare nell’immensa città di San Paolo, destinazione di grandissima parte dell’emigrazione europea già dagli ultimi decenni dell’ottocento. Va a vivere insieme ad altri paesani e connazionali in un ostello per lavoratori migranti.                 

San Paolo è la più grande città del Brasile, supera i 12 milioni di abitanti e la metà è di origine italiana. È considerata, al di fuori dell'Italia, la più grande città "italiana" del mondo, superando Roma (Wikipedia). Secondo alcune stime ufficiali sarebbero intorno ai TRENTA MILIONI i cittadini brasiliani di origine italiana, mentre i cittadini italiani residente in Brasile (iscritti Aire) sono nel 2019 447.067 Lazio 93.712. Invece i cittadini della Valcomino residenti in Brasile  alla data del marzo 2019 sono così suddivisi

ALVITO ATINA CASALVIERI FONTECHIARI GALLINARO S. BIAGIO S. DONATO BROCCOSTELLA TOTALE
26 3 68 28 12 2 2 21 162

È chiaro che rispetto all’enorme flusso migratorio verso il Brasile dal Veneto, dal Friuli dalla Lombardia quello dalle regioni del sud è molto ridotto e marginale, tuttavia poiché il rapporto tra iscritti all’Aire e la massa presunta dei cittadini di origine italiana  del mondo si attesta tra il 12 e il 16, ossia per ogni cittadino italiano Aire ce ne sono 12/16 di origine italiana (indice empirico e di massima)  si può ritenere che i cittadini originari della Valcomino presenti in Brasile sano tra i 2.000 e i 2.500, che non sono mica pochi. E’ un capitolo, quello dell’emigrazione verso il Brasile, che la comunità nazionale e locale ha colpevolmente trascurato, dimenticando perciò migliaia di  connazionali. Per stare a Casalvieri, le zone d’orgine di decine e decine di essi sono Zagarino, San Pietro, Canalara e Casalvieri centro.

Noi ricordiamo che un altro emigrato verso il Brasile, il compianto Giuseppe Rocca di Casalvieri, citava nel suo gruppo un certo Rea di Broccostella. Per via di diverse coincidenze può essere proprio il nostro Enrico, che ne ricorda un altro paio di casalvierani, uno purtroppo per soprannome, un certo “Spaghetto”, per via della sua altezza e della sua magrezza, l’altro era Mario Carlesimo, futuro buon imprenditore che rimarrà in Brasile per tutta la vita.

Mentre Enrico ci resiste solo un anno. Il motivo del ritorno abbastanza rapido è che in quella fase la moneta nazionale brasiliana, il cruzeiro, aveva subito una forte svalutazione. Si lavorava, ma il valore di quanto si poteva risparmiare non corrispondeva né ai sacrifici né ai progetti, per cui Enrico appena accumulata la somma per il biglietto di ritorno decise di rimpatriare. 

Svolge il servizio militare e torna a guardarsi intorno per un lavoro. Stavolta decide di affidarsi ai canali ufficiali degli Uffici di collocamento, per i quali passavano anche gli accordi internazionali sull’emigrazione, e dopo un certa attesa si presenta l’opportunità di andare a lavorare in Australia. Dopo aver conosciuto il Brasile, è “esperto del mondo” e la lontananza dell’Australia non lo spaventa. Con il viaggio pagato e un contratto di lavoro in tasca, affronta tutte le pratiche per l’emigrazione, dalle visite mediche, alle incombenze burocratiche, ai test professionali tra gli uffici consolari australiani di Milano e di Roma.

Era il 1955 e la partenza avvenne da Genova. Trenta giorni di viaggio prima di fare tappa in terra australiana, esattamente a Freemantle, una cittadina sulla costa ovest dell’Australia, a qualche giorno di navigazione da Canberra, meta finale del viaggio di Enrico, dove poté, nella sosta del viaggio incontrare degli amici. Immaginate, 15.000 km di distanza, trenta giorni di navigazione, senza telefoni e telefonini, con la posta che viaggiava a giorni, senza conoscere l’inglese, ma Enrico riuscì ad incontrare degli amici...

Bicchierata con i paesani

Arriva dunque a Canberra, viene assunto secondo il contratto che già aveva in una compagnia edilizia dove lui svolge l’attività di falegname carpentiere, che era sempre una specializzazione di una certa importanza nel settore, non dimentichiamo mai che siamo sempre nel 1955. Certo il lavoro è faticoso, spesso si lavora in situazioni difficili, si deve inoltre provvedere a tutte le incombenze domestiche di una vita da singoli, ma se la paga in Italia per un muratore era intorno alle 1.000 lire, in Australia la cifra era decisamente superiore e di molte volte !!! 

Sul cantiere

Enrico ha uno spirito positivo e ottimista, non ha problemi ad adattarsi, impara i costumi degli australiani, trova il tempo di darsi alla sua passione per la caccia e dopo un paio di anni acquista un prestigioso macchinone.

Eleganza in pausa

Insomma non è un prigioniero del risparmio a tutti i costi ma non è nemmeno uno spendaccione e soprattutto non dimentica, anzi si prepara a convolare a nozze con Rosina, con cui già prima di partire aveva fatto promessa.   Enrico non poteva certo permettersi un altro viaggio di andata e ritorno, proprio mentre Rosina avrebbe potuto raggiungerlo viaggiando gratis se fosse stata già sua moglie. L’istituto, utilizzato in modo particolare tra e con gli emigrati in Australia, era il matrimonio per procura. In questo caso l’atto, la cerimonia del matrimonio avviene in assenza di uno dei contraenti rappresentato fisicamente da persona da lui delegata. Il matrimonio per procura, solitamente ammesso in tempo di guerra per consentire a militari impossibilitati a rientrare in patria a sposarsi, era diventata prassi anche in caso di matrimonio con emigranti, in quanto la condizione di coniuge agevolava il visto d’ingresso in un paese trattandosi di un ricongiungimento familiare, che è il caso di Enrico e Rosina. Dunque è il 1958 e Rosina avrà il biglietto gratis, ci tiene a rilevarlo, dovendo pagare solo per i bagagli.

Pur essendo marginale il flusso migratorio dalla Valcomino verso l’Australia una certa presenza è garantita:

ATINA BELMONTE CASALVIERI FONTECHIARI POSTA FIBRENO S.BIAGIO S.DONATO BROCCOSTELLA TOTALE
8 3 1 12 1 13 16 9 64

Il periodo di massima espansione italiana verso quel paese risale agli anni dal 1949 al 1970, quando sbarcarono  circa 350.000 italiani, soprattutto dalle regioni del sud, dalla Calabria innanzitutto.  I cittadini italiani residenti in Australia – iscritti all’Aire – sono attualmente 148.000

 

Freschi sposi

Rosina si troverà subito bene, si sente coccolata, non solo da Enrico, ma da tutto il vicinato, compresi diversi connazionali napoletani ovviamente. Ha solo parole di buon ricordo e di affetto per tutto ciò che riguarda l’Australia. Andranno momentaneamente a vivere in un minuscolo appartamento in affitto. Enrico sempre in cantiere ed anche Rosina per un periodo si occupa in una ditta di servizi in un ospedale. Dopo solo pochi mesi dal matrimonio la coppia acquista un sito, nella periferia di Canberra ed Enrico inizierà a costruire la loro casa, in tutti i giorni e in tutte le ore libere dal lavoro la coppia è occupata a tirar su muri e pavimenti. Solo qualche mese e la loro casa è pronta, vi si trasferisce e la loro vita trascorre serena e tranquilla.

Si tirano su le mura

Solo qualche mese e la loro casa è pronta, vi si trasferisce e la loro vita trascorre serena e tranquilla. Dopo qualche anno nasce il primo figlio Antonio. E’ il 1962 e le immagini del piccolo trasmettono tutta la serenità e la tranquillità della famiglia, un bimbo sempre sorridente e felice.


Rosina e il pargolo

Dopo un anno il progetto di Enrico e Rosina di rientrare viene accelerato dalla scomparsa del padre di Enrico. Stavano bene, avevano la loro casa, il lavoro non mancava, un piccolo capitale era stato accumulato ma il richiamo della terra d’origine, come dice Rosina, era più forte. Vendono la loro casa, sistemano tutto ciò che non possono portare con sè e iniziano il viaggio di ritorno. Il baule più grande era quello dei giocattoli di Antonio, il quale sgambettando divenne la mascotte dell’equipaggio della nave mercantile che la coppia aveva preso per il viaggio di rientro.

La peste sulla nave, il giubbotto è relativa ad una esercitazione

I documenti del rientro 

Fu di fatto una crociera di ben quaranta giorni, dati i numerosi scali che la nave doveva fare per caricare e scaricare le sue merci. Rosina snocciola con naturalezza alcuni di questi scali: Giakarta, Singapore, India, penisola araba, Egitto …  L’avventura australiana è giunta al termine.   Enrico investe un a parte dei risparmi in un rilevante lotto di terreno nelle vicinanze dell’attuale abitato di Broccostella dove installa una falegnameria. Rimangono i rimpianti di Antonio che scherzosamente rimprovera i genitori “Ma perché non siete rimasti in Australia, io purtroppo ero piccolo e non mi avete ascoltato…”.