Non conosciamo personalmente Giuseppe Cocozza, ma da quanto si racconta e si legge deve essere uno di quei sorprendenti personaggi in grado di sovvertire decisamente la sorte: una sorte che i luoghi della nascita gli avevano assegnato in modo abbastanza definito e prevedibile. Nascere in una famiglia di contadini di San Biagio sul finire degli anni trenta, con nonni che già conoscevano le strade dell’Europa come suonatori girovaghi, implica un percorso futuro abbastanza difficile.

Invece da questo percorso-destino Giuseppe coglierà quegli incroci che lo condurranno a diventare un frequentatore dei migliori teatri lirici del mondo, lo scrittore di una poderosa autobiografia, uno dei primissimi viaggiatori e conoscitori della Cina, (quando imperava la Rivoluzione Culturale di Mao Tze Tung, e della Corea del Nord di Kim il Sung…,) ed un importante uomo d’affari svedese con una grande azienda commerciale del paese, un uomo realmente “senzaconfini”. Agli incroci della vita Giuseppe ha saputo scegliere le strade del riscatto umano e culturale, attraverso un lavoro indefesso, un grande rispetto per le altre culture, una profonda curiosità per la conoscenza ed il sapere, un culto quasi religioso della famiglia. E’ ovvio, come il saggio dice, che dietro ogni grande uomo ci sia una grande donna. E questa è stata ed è Anna, la compagna della sua vita.

Valcoimino-senzaconfini sostiene che tutte le sue storie, le sue ricostruzioni sono “in progress”, suscettibili cioè di integrazioni, modifiche aggiunte, correzioni. Pertanto nel presentare il “personaggio” Giuseppe COCOZZA ci serviamo di testimonianze autorevoli: un articolo su di lui de “LA STAMPA” di Torino (Giuseppe Cocozza La Stampa), ed una intervista realizzata dal “IL LAVORATORE” (Giuseppe Cocozza, l’industriale) un giornale della comunità italiana in Svezia. Ritorneremo in futuro su questo “personaggio” per ulteriori approfondimenti, come auspichiamo e prevediamo per tutti gli altri personaggi oggetto della nostra attenzione. A chiusura della presentazione abbiamo aggiunto “Commento finale” un paragrafo estratto dal suo volume di memorie “IL VIAGGIO DELLA MIA VITA”. Il poderoso testo con il quale Giuseppe, con una memoria prodigiosa e puntigliosa, ripercorre le tappe della sua vita e racconta il suo presente di cittadino svedese e del mondo. Con questo volume Giuseppe ci consegna per intero la sua esperienza umana, i suoi sentimenti più profondi, la sua umanità, e ci affida una vibrante testimonianza di tempi, vicende e tragedie (la guerra e la disoccupazione) che hanno segnato drammaticamente il nostro territorio. Tempi, vicende e tragedie che, in una versione più concentrata sarebbe opportuno proporre alle nostre scuole, perché i giovani sappiano, gli anziani ricordino e nessuno dimentichi.

Valcomino Senzaconfini

 

C0MMENTO FINALE- estratto da "Il viaggio della mia vita" di Giuseppe Cocozza, 2011

Forse il lettore ritiene che io abbia dedicato troppo spazio ai ricordi della guerra e alle sue conseguenze. Ma essa ha influenzato la mia vita in modo determinante. Le sofferenze che dovetti sopportare mentre era in corso e i dieci anni miserabili che le fecero seguito, che mi spinsero all' emigrazione in Svezia in cerca di una vita migliore.

Prego il lettore di usare indulgenza verso la mia inclinazione a servirmi di espressioni e citazioni di personaggi illustri; in mio aiuto arriva perfino la leggendaria e bellissima Marlene Dietrich la quale ebbe a dire una volta: "Adoro le citazioni perché è una delizia ritrovare i propri pensieri espressi bellamente con grande autorità da qualcuno ritenuto molto più saggio di me."

Inoltre, i miei cari lettori non devono credere in alcun modo che io sia un buongustaio, facendo riferimento alle mie numerose descrizioni di cibi e di ristoranti. Apprezzo invero un buon pasto, magari anche luculliano, ma, in realtà, le mie abitudini gastronomiche sono molto parche. A casa, mi accontento spesso di una semplice minestra di verdure o di un piatto di pastasciutta o anche di un paio di patate schiacciate con un po' di insaccato svedese fritto. Sin dal fortunato giorno in cui giunsi in Svezia, il 14 maggio 1956, e, durante il percorso da Helsingborg a Norrkoping, assaggiai per la prima volta un insaccato svedese, mi è piaciuto quel tipo di salame e mi piace ancora, specialmente quello di marca Sibylla.

Durante la mia cinquantennale vita da uomo d'affari, ho soggiornato a lungo negli alberghi. In tutto, vi ho trascorso, calcolando rapidamente, fra gli otto e i dieci anni dell'esistenza; per questa ragione non ho potuto esimermi dal parlarne degli alberghi, in cui ho alloggiato, per me sono stati una seconda casa. Ovunque sia giunto, sia che si tratti del Ritz di Taipei, del China Hotel di Canton, del Marino alla Scala di Milano, del The Oriental di Bangkok o del Ritz di Lisbona, era come arrivare a casa mia.

Ho superato i 70 anni e non penso affatto di andare in pensione. Per quanto ne possa capire, non conta l'età, bensì il modo in cui si portano gli anni. Intendo continuare finché ce la faccio e ne ho voglia. Non ci si deve sentire vecchi soltanto perché si è andati avanti negli anni.

Mi felicito nel riandare col pensiero alla mia vita trascorsa, ricca di tristezza, di sacrifici di gioie e di successi. Per essere nato nel paesetto montano di San Biagio, ritengo di essere riuscito abbastanza bene nella vita. Ero destinato a diventare pastore, contadino, suonatore ambulante, oppure, il che è più credibile, un tuttofare come mio padre. Però, come disse Wellington: "Nascere in una stalla non significa essere un cavallo." Sebbene io provenga da una famiglia semianalfabeta, ho sempre cercato di sapere, acculturarmi , di perfezionarmi, riparando alla mia carente istruzione scolastica ricorrendo alla lettura; talvolta mi sono trovato impotente davanti a situazioni o problemi della vita lavorativa più grandi di me.

Prescindendo dalla mia cara moglie e dalla mia famiglia, non c'è mai stato nessuno che m'abbia preso per mano, facendomi da guida, o che abbia voluto ascoltarmi. Sono stato costretto a trovare da solo le soluzioni in ogni situazione. Nessuno mi ha mai dato qualcosa o aiutato a capire. Però non ho dovuto nemmeno strisciare per alcuno. Per tutto ciò che ho raggiunto, devo ringraziare solo me stesso e naturalmente anche la mia famiglia, per il sostegno perseverante e le premure che mi ha donato. Senza la compagna della mia vita, la mia cara moglie Anna, non sarei potuto essere quello che sono oggi. Si dice che dietro ogni uomo di successo si nasconda una donna saggia, e ciò è assolutamente vero nel mio caso. Mentre scrivo queste note, ci conosciamo da 55 anni e siamo sposati da 53, una vita intera! Si dice anche che la donna sia l'amante dell'uomo giovane, la compagna dell'uomo maturo e l'infermiera dell'uomo che invecchia e ciò si adatta abbastanza bene anche ad Anna e a me. Non sono le passioni che si esauriscono, ma le forze. Coincide anche con ciò che disse una volta il romanziere inglese John Boynton Priestley: "Una moglie affettuosa fa tutto per il marito, ma non smette di criticarlo e di tentare di migliorarlo." Non sono in grado di giudicare se Anna sia riuscita a farlo. Dovrei domandarlo a lei, ma non oso!

Comunque sia, questo non è un rendiconto finale. Mi sento ancora giovane, pieno di vita e di energia. Mi sembra quasi di avere ancora un'intera esistenza davanti a me. Spero di poterla affrontare con lo stesso spirito che mi ha animato finora per trovare ulteriori motivi di soddisfazione. Non vuole entrarmi in testa il fatto che abbia vissuto tutti questi anni. E tanto vale non pensarci e continuare come se la vita non dovesse finire mai, pur essendo cosciente che ciò avverrà. Anche il filosofo Seneca, che raggiunse l'età, per quei tempi rispettabile, di 70 anni, aveva una concezione luminosa dell'ultima fase della vita. :"La vita è migliore nella sua fase calante. La vecchiaia è ricca di motivi di gioia, se si sanno apprezzare. Gli anni migliori sono quelli conservati per ultimi."

Se avessi avuto in epoche anteriori della mia vita le esperienze che possiedo oggi, avrei forse corretto e modificato molte cose, ma credo che l'intuito, che mi ha guidato fin dall'inizio sia stato, in fondo, giusto ed efficace. Per quanto concerne l'azienda, avrei forse dovuto pensare più tempestivamente e diversamente, ma chi può immaginare ciò che ci riserva il futuro? "Chi potesse prevedere gli affari con tre giorni di anticipo, diventerebbe ricco per mille anni", sembra che abbia detto un cinese. Il mio settore ha subito un cambiamento incredibile negli ultimi 20 anni. La maggioranza dei clienti di una volta è sparita. Certi settori ai quali vendevamo merci in passato, come organizzatori di bingo, di lotterie e battitori di aste, non esistono più, e con essi altri grossisti del settore del vetro e della porcellana. Tutto ciò ha fatto ridurre notevolmente la nostra clientela. Forse avrei dovuto puntare sulla vendita al dettaglio o addirittura cambiare settore. Forse avrei dovuto leggere molte volte "Il principe" di Machiavelli per apprendere quelli che egli definiva i mutamenti del successo. "Se ci si comporta in modo cauto e paziente in tempi che richiedono simili doti, le cose vanno bene; ma se i tempi cambiano e non si modifica il proprio comportamento, le cose vanno male ... " Le cose però non sono andate male e non mi ritengo affatto sconfitto perché detengo ancora energia e volontà, ma sento che forse dovrei porre un limite, e ritenermi soddisfatto del risultato. Il pensiero ricorrente che nessuno dei miei figli, così come stanno le cose oggi, si dedicherà all'azienda ha indubbiamente contribuito ad allontanare la volontà di investire in modo più deciso ed impegnativo.
Resta da vedere se qualcuno dei miei sette nipoti s'interesserà ad essa e al lavoro di tutta una vita di Nonno e Nonna. Il saggio Deng Xiaoping disse in un' occasione: "Più lavoro significa maggiore successo, ma il successo significa anche più lavoro."
Quando ce ne rendiamo conto? È forse la vita una continua corsa sfrenata? Non intendeva forse ciò il sapiente Cicerone quando dichiarò: Non capisco che cosa vogliano i vecchi con la loro avidità. C'è forse qualcosa di più folle dell'accumulare ulteriori provviste mentre il viaggio si avvicina sempre più alla fine?"

Credo che sia giunto il momento anche per me di meditare e di rivolgere uno sguardo al panorama come lo si guardasse dalla cima del monte. Ormai i ricordi sono superiori alle speranze e posso guardare alla mia vita senza troppi motivi di rimpianto. Ho avuto fortuna nella vita, nonostante tutto! Ho visto il mondo, ho incontrato tante belle persone e devo incredibilmente molto al mio prossimo. Sono sicuro di aver ricevuto molto di più di ciò che mi aspettavo o che semplicemente meritavo. Ecco perché sono stato anche poco egoista, cercando sempre di fare del bene agli altri, non soltanto ai miei figli e ai miei parenti, ma a tutti coloro che hanno avuto bisogno di me, di un aiuto concreto o soltanto di consolazione. I sogni della mia vita sono stati più o meno esauditi tutti e sono d'accordo con quello che sosteneva la regina Cristina: “Sarebbe somma sventura se tutti i desideri dell'uomo venissero esauditi." È vero. Le avversità possono risultare utili.

Nonostante tutto, mi soffermo spesso a riflettere su ciò che stiamo facendo. Dove siamo diretti? Più mi guardo intorno e più mi convinco che il nostro modo di vivere è sempre più folle. È vero che compiamo atti utili ad allungarci la vita, a farci arricchire, ma, in fondo, essi ci rendono sempre meno felici. È dunque così strano che le depressioni colpiscano tante persone? Nel mondo odierno, aspiriamo troppo ai godimenti materiali, ai piaceri di breve durata, dimenticando spesso i valori umani e spirituali. Il progresso ci costerà forse la nostra esistenza. Si ha, a volte, la sensazione di essere sul punto di ottenere una vittoria di Pirro. Prima o poi ci verrà presentato il conto, dagli esseri umani o dalla natura stessa. Dovremmo forse cominciare a considerare come trattiamo la natura. Viviamo su un pianeta gravemente minacciato dal degrado ambientale, senza che i potenti se ne occupino seriamente. Lo squilibrio ecologico comporta la necessità impellente di nuove idee prima che sia troppo tardi. Stiamo rovinando il mondo, guastando fiumi e laghi, abbattendo enormi foreste e rendendo difficile la vita anche agli animali. Quando vogliamo metterei in testa che noi non abbiamo ereditato il pianeta dai nostri genitori, ma lo abbiamo preso in prestito dai nostri figli e dai nostri nipoti.

Alcuni anni fa festeggiammo il cinquantenario della dichiarazione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite. Quella dichiarazione non fu il frutto di idee improvvisate, ma delle riflessioni secolari di grandi pensatori. È forse giunto il momento di formulare una dichiarazione dei doveri dell'uomo?

A seguito di ciò che si verificò l'11 settembre 2001, gli americani ci hanno resi tutti vulnerabili. Gli attacchi terroristici a Madrid, Londra e sull'isola di Bali, tanto per citare i più agghiaccianti, sono prove della loro errata politica priva di giudizio e il pericolo è lungi dal considerarsi scongiurato. L’odio è stato ulteriormente alimentato da quei terribili avvenimenti. L’indignazione ed il furore per quelle tragedie fanno insorgere nuove e forse ancor più violente reazioni, che portano a rinnovati conflitti e a ulteriori sofferenze. L’umanità si trova di fronte ad una nuova specie di malvagità che noi definiamo terrorismo e la cui crudeltà non conosce limiti.

Usare violenza sui propri simili, come avviene in diverse parti del mondo, equivale ad usare violenza sulla creazione stessa. Quando ci renderemo conto che i nostri contatti con gli altri esseri umani sono incontri sacri e che in ogni essere umano, prescindendo dal credo religioso, dal colore della pelle, cognizioni o posizioni sociali, vediamo l'immagine di Dio giudice che ci ricorda di non dimenticare il rispetto, l'umiltà e la tolleranza?

Pur essendo un hindu, l'indipendentista indiano Mahatma Gandhi era affascinato dalla vita di Gesù, ma respingeva allo stesso tempo l'idea che qualcuno potesse accreditarsi del merito grazie al sacrificio di un altro. "Se vogliamo raggiungere la salvezza, la soluzione è che ognuno di noi si lasci crocifiggere personalmente", scrisse, anticipando una delle pietre basilari della sua filosofia. Un giornalista domandò una volta a quell'uomo straordinario: "Signor Gandhi, che ne dice della civiltà moderna?". Gandhi rispose: "Sarebbe un bel pensiero."

 

Giuseppe Cocozza, Il viaggio della mia vita, 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna