Aniello Iacobelli è un giovanotto che porta più che bene i suoi ottanta e passa anni di età. Ha una memoria puntuale ed un vezzo per il particolare impressionante. Il Venezuela è la sua epica personale e condividendola la rivive soddisfatto.

E’ il più piccolo degli otto figli di una famiglia di piccoli contadini di Vicalvi, che rinnovava, secondo un costume diffuso, il nome un fratellino morto piccoletto. Il fratello Ersilio già nel 47 era partito per il Venezuela, e proprio Ersilio nel 48 richiama Aniello che aveva appena 18 anni. E’ il marzo del 49. Viaggerà in aereo.

La decisione di prendere l’aereo fu presa dopo che il padre ed Aniello seppero che la prima nave in partenza per il Venezuela che avesse la terza classe di viaggio era prevista per il settembre. Il biglietto per la seconda classe via mare era più costoso del biglietto aereo. I documenti erano pronti già nell’inverno del 49 e per settembre sarebbero scaduti. Per questo si decise il viaggio in aereo. Il biglietto fu pagato una cifra enorme per quei tempi 270 dollari, grosso modo 170 mila lire di quell’epoca equivalenti a sei o settemila euro di adesso.

Erano i primi viaggi intercontinentali di linea. L’aereo era un bombardiere americano ristrutturato per uso civile. Presentava ancora l’apertura per la torretta dei mitraglieri di bordo. Il giovane Aniello viaggiava con il cognato, Cesidio Cavaioli di Alvito. Partenza da Ciampino, 38 ore di volo totale effettivo, gli scali sono scanditi con molta precisione: Ciampino-Parigi 4 ore, Parigi- Santa Maria delle Azzorre 9 ore. Alle Azzorre guasto ad un motore, partenza ed arrivo a Montreal dopo 8 ore. A Montreal mezzo metro neve. I passeggeri sostano in albergo. La cena non sfama giovanotti che si “sbafavano” scodelle di un kilo di polenta, le rimostranze furono soddisfatte con una padellata di uova fritte…. Partenza per Portorico ancora 8 ore. I vuoti d’aria erano continui ed i passeggeri sperimentavano “in aria” il mal di mare, con relativo mal di stomaco. Aniello con un sogghigno racconta che il suo stomaco forte gli consentiva di sgranocchiare tutte le patatine fritte rifiutate dagli altri passeggeri in preda al malore…. A Montreal avevano lasciato la neve, a Portorico a mezzanotte trovano un caldo di 42 gradi. Sosta per il rifornimento, pranzo a self service, personale di colore. Quante novità per il giovane Aniello. Da Portorico all’aereoporto di Caracas Maiquetia, altre 8 ore.      

All’aereoporto non li aspetta nessuno. Aniello aveva l’indirizzo scritto direttamente su una delle lettere che il fratello aveva spedito. In tasca aveva 15 dollari, chiama un taxi per essere condotto all’indirizzo della lettera, il taxi, che gli sarebbe costato 3 dollari, li conduce davanti alle Poste Centrali di Caracas.   Aniello e Cesidio sono sconcertati: era l’indirizzo dell’Ufficio Postale dal quale Ersilio una volta a settimana effettuava la corrispondenza. Possiamo solo immaginare lo sconforto dei due.

Non si sono ancora ripresi dallo sconcerto quando arriva un autocarro. Aniello guarda l’autista di sfuggita. Lo osserva meglio e, non si sa se per l’intuito o per la disperazione, dice a voce alta all’amico: “Quello è italiano!!!”. Si avvicina per chiederlo all’autista che stava posteggiando e quello gli conferma proprio che è italiano ….I due amici riprendono un po’ di colore… Ovviamente si mettono a chiacchierare e Aniello gli spiega la situazione. Sorpresa nella sorpresa, l’autista fattasi fare una descrizione più precisa del fratello gli rivela che forse forse è un suo vicino di casa …. ”Mi ritornò la vista..” racconta Aniello allargando il sorriso. Si danno appuntamento per la fine della giornata di lavoro quando quell’autista potrà accompagnarlo da Ersilio.

Ersilio abita nel quartiere Petare, allora periferia di Caracas e soprattutto quartiere popolare e difficile. Faceva lì il carpentiere con una compagnia americana. Dopo qualche giorno Aniello trova da lavorare come manovale nell’impresa di un compaesano, Domenico Tonto di Grotte dell’Acqua. Rimane lì non più di otto giorni perché, tramite un amico di Alvito, trova lavoro come muratore in una compagnia americana con un italiano come capomastro. Si trasferiscono in un quartiere più centrale di Caracas ed Aniello inizia un peregrinare tra diverse città, cambiando spesso compagni di lavoro e società operanti sempre nell’edilizia. Approda a Turen, nello stato Portuguesa, un territorio limitrofo alla foresta amazzonica dell’ovest. Qui operava l’Istituto Tecnico Agrario Nazionale del Venezuela, l’Ente governativo deputato alla gestione del territorio agricolo che gestiva la “bonifica” di territorio forestale da destinare all’agricoltura. A Turen e nelle vicinanze si trovavano tanti altri compaesani: Antonio Di Liegghio di San Leonardo, Giulio Zincone di Fallena, Carminuccio Vennettilli di Tirlo, Angelo Vitti di Grotte dell’Acqua, Vincenzo Virgilio di Vedenna ed altri. Con alcuni di loro Aniello trova da lavorare in una compagnia impegnata nella costruzione di piccole case coloniche nelle zone di foresta tropicale per conto del governo. Quelle case, insieme ad appezzamenti di terreni, erano destinate a famiglie di italiani, che avrebbero provveduto alla colonizzazione.

Aniello faceva l’autista di camion, e caricando e scaricando faceva continui viaggi all’interno della foresta. Durante uno di questi viaggi aveva sul cassone posteriore Angelo Vitti. Percorreva un sentiero da poco tracciato da un Caterpillar, quando incrociò qualcosa che assomigliava ad un tronco. Aniello decise di passarci sopra. L’autocarro prese un sobbalzo, ma Aniello, Angelo e gli altri passeggeri si accorsero che il tronco vibrava: non era un tronco, ma un serpente gigante…uscito indenne dalle ruote del camion. Fulmineo Angelo scese dal cassone imbracciando un piccone ed ingaggiò una lotta con il serpente. Ad ogni colpo doveva ritirarsi perché quello mostrava di reagire. Gli urli dei compagni alle stelle ed Angelo che picchiava e scattava all’indietro..…una scena mitica… La lotta durò un quarto d’ora con l’abbattimento del serpente. Era un’anaconda, serpente tipico della foresta amazzonica che può essere di notevoli dimensioni. Angelo aveva compiuto un’opera erculea, poiché il serpente era veramente enorme: due tecnici americani che passavano di lì in camionetta si fermarono per fare le foto, tentarono di imbracciare il serpente, ma era tanto pesante che in due riuscirono a sorreggere solo la coda.

E’ il 1952, Aniello cambia compagnia trasporti, diventa autista in una ditta che produceva brecciame per costruzioni stradali ed edili. Per un anno e mezzo Aniello trasporta grosse pietre, da cave di montagna verso gli impianti di frantumazione a valle.

Ritorna nuovamente a Caracas e viene assunto come autotrenista in una grande compagnia di trasporti che operava su tutto il Venezuela. Era una ditta di abruzzesi di Teramo, certi Innocenzo. Lo scenario dei viaggi di Aniello ora copre l’intero paese sudamericano, che ricordiamo è tre volte più vasto dell’Italia. Per lungo e per largo per l’intero bacino dell’Orinoco da Barquisimeto a Matanzas, zona industriale tra Ciudad Guyana e Ciudad Bolivar tra l’Orinoco ed il Rio Caroni. Siamo nelle foreste del bacino dell’Orinoco, foreste tropicali immense.    

Di questo percorso Aniello ricorda con precisione un tratto di strada: un rettilineo di ben 110 kilometri di lunghezza che tagliava nettamente la foresta, con una sola curva a sinistra.

Ricorda di quando una volta stanco di ore di guida, decise una sosta per sgranchirsi le gambe. Sollevando lo sguardo verso la foresta costeggiata dalla strada fu colpito, nella sera che si avvicinava, da un paio di luci sfavillanti. Non ci volle molto per capire che erano gli occhi di un giaguaro, il felino dell’Amazzonia. Aniello tolse immediatamente il disturbo.

Migliaia di kilometri per trasportare dall’ovest un tipo di calce verso le acciaierie dell’est, che usavano questo materiale. Da sud a nord, da est ad ovest, sempre in viaggio. Ad ogni viaggio sembra legato un ricordo, un’avventura. Ricorda con disappunto quando, lontanissimo dalla base, gli scoppiarono un paio di gomme. Fortuna volle che avesse un po’ di denaro suo con cui comperò nuove gomme, ma rimase tanto a secco che non potè procurarsi nemmeno cibo, anche se di spiccioli per sigarette e qualche caffè riusci a trovarne.

Ricorda quando in un viaggio da Cabimas ad Antima si ritrovò in una cittadina nel mezzo di un tumulto popolare conseguente alla caduta del governo Perez Jimenez. Il camion divenne bersaglio delle sassate dei dimostranti e lui pensò bene di allontanarsi velocemente a piedi….

Aniello abitava sempre a Caracas, ogni sette viaggi, pressappoco ogni venti giorni, rientrava a Caracas, presso la sede dell’azienda. Mentre l’autotreno veniva revisionato, Aniello rientrava nell’albergo dove formalmente abitava, giusto il tempo per riordinare le sue cose, vestiari, posta ecc. Ed il giorno successivo ripartiva. Da Puerto Cabello per Trinidad, da Merida per Ciudad Bolivar.. Senza mai fermarsi, senza ferie e riposi, con decine di caffè e con diversi pacchetti di sigarette come ristoro e distrazione. In cambio spesso la ditta ritardava a versargli il salario. A ricordarlo Aniello freme ancora.. …ripensando soprattutto a quell’avvocato che lo assistette in cambio del dieci per cento della somma da recuperare… Ma non gli sono mancate nemmeno esperienze con la delinquenza comune. Rientrando una sera a Caracas decise di andare a mangiare un boccone nel ristorante di un paesano, Raffaele Camelia, di Catallo. Qualcuno lo vide pagare con delle banconote ed intuendo un bel malloppo fu inseguito e bloccato da quattro malviventi. Ma Aniello, alto pressappoco un metro ed ottantacinque e con spalle larghe tanto, senza grosse cerimonie prese da sotto il sedile una specie di scimitarra con cui affrontò e spaventò i rapinatori, mentre nel frattempo sopraggiungevano gli amici con cui aveva cenato.

Dopo ben 11 anni trascorsi in questo contesto e con questi ritmi Aniello matura la decisione di ritornare in Italia, soprattutto per rivedere i genitori. Anche questa volta fu viaggio in aereo. Ma questa volta era un volo Alitalia, l’aereo era comodo. Nonostante un paio di scali scende a Fiumicino dopo solo dodici ore di volo. E’ il 1963, manca dall’Italia da 14 anni…..da Fiumicino per il Borgo di Alvito tassì, autobus, tassì…ma a casa non trovò nessuno. Per forza, era il 22 agosto e la Madonna di Canneto aveva richiamato tutti….. L’esperienza venezuelana per Aniello, complice una malattia del padre era finita. Ma quel film si è impresso tanto al rallentatore nella memoria di Aniello che ogni particolare è vivo e presente come si trattasse di qualche mese fa.

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